Bergamo "laboratorio" per lo studio del Covid: seconda ondata 5 volte inferiore rispetto a Milano
La Bergamasca, sulla base dei dati raccolti dall’Agenzia dopo la prima ondata, è risultata essere l’area europea con la più alta sieroprevalenza documentata, pari al 42 per cento. I ricercatori vogliono capire se questi livelli siano espressione di una sorta di "immunità di gregge"
È ormai noto che la Bergamasca è stata la provincia più colpita dai contagi. Ma proprio per la virulenza con cui il Covid ha colpito, Bergamo è diventata anche un “grande laboratorio” di livello europeo che ha consentito di raccogliere importanti dati statistici in grado di introdurre numerosi elementi di riflessione utili ad analizzare la pandemia. I risultati, frutto della collaborazione tra l’Ats di Bergamo, l’Università Vita-Salute San Raffaele, l'Università di Pavia, con l'importante contributo della Association of Schools of Public Health in the European Region (Aspher), sono stati pubblicati sul più recente numero dell’International Journal of Public Health, tra le più prestigiose riviste internazionali di epidemiologia e sanità pubblica.
In particolare la bergamasca, sulla base dei dati raccolti dall’Ats dopo la prima ondata, è risultata essere l’area europea con la più alta sieroprevalenza documentata, pari al 42 per cento. Una percentuale elevata, ma ancora lontana per raggiungere l’herd immunity che si potrà ottenere solo con la vaccinazione di massa. In ogni caso, è rilevante comprendere se questi elevati livelli di sieroimmunità di popolazione riscontrati, che in alcune zone superano il 42 per cento, siano espressione di una vicina “immunità di gregge” nella popolazione esposta, quantomeno da un punto di vista quantitativo.
Questo aspetto è ancora più importante se si considera l’impatto che la recrudescenza dei contagi ha avuto non soltanto sulle diverse zone della Bergamasca, ma anche rispetto alle altre province lombarde: a Bergamo la seconda ondata è 5 volte inferiore rispetto a quanto registrato a Milano e Monza. Trovare una risposta alla possibilità di ipotizzare una sorta di “immunità di gregge”, da un punto di vista del decisore di politica sanitaria, sarebbe di fondamentale importanza, perché potrebbe condurre a modificare le misure di contenimento del contagio in modo rilevante. «Le osservazioni ed il monitoraggio continueranno – si legge in una nota congiunta dell’Ats e dell’Università San Raffaele -, per comprendere ancora più a fondo queste tematiche, in quanto non rivestono solo aspetti di natura puramente speculativa e scientifica, ma possono riflettersi sulla nostra vita quotidiana e sull'intera organizzazione sociale».
Gli autori dell’articolo dal titolo "High seroprevalence of SARS_COV-2 in Bergamo: evidence for herd immunity or reason to be cautious?" sono: Carlo Signorelli (direttore della Scuola di Igiene dell’Università Vita-Salute San Raffaele, che ha una convenzione con Ats Bergamo), Carlo Alberto Tersalvi (direttore sanitario Ats Bergamo), Alberto Zucchi (direttore Servizio Epidemiologico Aziendale/SEA Ats Bergamo), Roberta Ciampichini (SEA Ats Bergamo), Elvira Beato (SEA Ats Bergamo), Federica Balzarini (Ats Bergamo), Anna Odone (ordinario di Igiene all’Università di Pavia) e John Middleton (presidente dell’Associazione europea delle Scuole di Sanità pubblica-Aspher).