Cosa è successo in aula

Bossetti, durissima richiesta del pm Ergastolo e sei mesi di isolamento

Bossetti, durissima richiesta del pm Ergastolo e sei mesi di isolamento
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Ergastolo e sei mesi di isolamento diurno per Massimo Bossetti. È la richiesta avanzata alla Corte dal pubblico ministero Letizia Ruggeri al termine della sua lunga requisitoria. Bossetti, muratore di Mapello, è l'unico imputato per l’omicidio di Yara Gambirasio. La seconda giornata della requisitoria ha preso il via alle 15 e si è conclusa poco prima delle 20. Come già successo venerdì 13, a parlare è stata sempre e solo la Ruggeri davanti alla Corte d'Assise presieduta dal giudice Antonella Bertoja e a un pubblico numerosissimo, tanto che prima dell'apertura delle porte, fuori dal Tribunale, c'era una lunga fila di persone desiderose di assistere all'udienza. Dopo aver ripercorso la scorsa settimana tutti i passaggi della lunga e complicata inchiesta sulla morte della ragazzina di Brembate Sopra, senza tralasciare anche i dettagli più crudi, questa volta il magistrato si è soffermato sulle prove che, a suo parere, incastrerebbero Bossetti. E non intende soltanto il Dna di Ignoto 1, che le indagini dei Ris di Parma hanno poi collegato al muratore di Mapello.

 

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Non solo il Dna. La Ruggeri ha infatti spiegato che a carico di Bossetti vi è «un corollario significativo» di indizi caratterizzati da «gravità, precisione e concordanza», che vanno ben al di là della traccia genetica rinvenuta sul cadavere di Yara. Ci sono, in particolare, i tabulati telefonici dell’imputato e le immagini del mezzo ripreso dalle telecamere di sorveglianza della zona. «Elementi che vanno letti complessivamente» e che dimostrano come «non cercammo di cucire addosso degli elementi, ma cercammo riscontri in quello che già c’era» ha affermato il pm davanti alla Corte d'Assise. L'accusa ha poi ricordato che i tabulati telefonici di tutte le persone che transitarono a Brembate il 26 novembre 2010 (giorno della scomparsa della ragazzina) e le immagini delle telecamere furono acquisite nei giorni immediatamente successivi alla scomparsa di Yara, mentre la figura di Bossetti entrò concretamente nelle indagini soltanto nel giugno 2014. Celle telefoniche, telecamere e la comparazione del furgone per i quale c’è un «alto grado di compatibilità» con quello di Bossetti rappresentano per il pm gli indizi significativi e concordanti che dimostrerebbero la colpevolezza del muratore di Mapello.

Tensione in aula. Quando la Ruggeri ha toccato il tema del furgone di Bossetti, in aula è salita la tensione. Il pm ha infatti contraddetto le misurazioni condotte dal consulente della difesa Ezio Denti, secondo il quale il passo (cioè  la distanza tra le ruote) del mezzo ripreso nei filmati forniti dall'accusa sarebbe diverso da quello del furgone dell'imputato. La Ruggeri ha parlato di «approssimazione» delle misurazioni del consulente e soprattutto di «mancanza di prospettiva», mettendo così in forte dubbio la validità degli accertamenti compiuti dalla difesa. Proprio questi passaggi della requisitoria hanno causato le critiche di alcuni presenti tra il pubblico, che si sono lasciati andare a commenti e fastidiosi mormorii, tanto che il giudice Bertoja s'è vista costretta a intervenire e zittire il pubblico: «Non siamo al cinema» ha detto dopo aver ottenuto il silenzio.

 

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Cos'è successo il 26 novembre 2010. Successivamente il pm, circa gli accertamenti sulle telecamere di Brembate Sopra che avrebbero ripreso il furgone di Bossetti passare per la zona della palestra in orari compatibili alla scomparsa della 13enne, ha spiegato che «l’uscita di Yara» dal centro sportivo «è compatibile con il passaggio di Bossetti». E ha poi aggiunto che, per quanto riguarda le fibre tessili trovate sugli indumenti della ragazzine, il «furgone di Bossetti è idoneo a generare fibre come quelle». La Ruggeri ha anche ipotizzato che «l’incontro fatale» tra l’imputato e Yara «non è accaduto davanti alla palestra» da cui la ragazzina è scomparsa, ma nei pressi dell’abitazione della famiglia Gambirasio, in via Morlotti oppure in via Rampinelli, due strade che la 13enne ha dovuto necessariamente percorrere per tornare a casa. La Ruggeri ammette che di questo fatto non v'è certezza, ma le indagini lasciano intuire che le cose siano andate proprio in questo modo.

Il mistero del movente e la richiesta di condanna. Un passaggio importante è stato quando la Ruggeri ha parlato del movente. La difesa, infatti, ha più volte sottolineato nei 10 mesi di processo il fatto che le indagini non siano mai riuscite a identificare il motivo per cui Bossetti avrebbe dovuto rapire e uccidere Yara. Lo stesso pm ha evidenziato che «non è possibile individuare un movente» per il delitto di Yara o affermare che la vittima e Bossetti si conoscessero. Per il pubblico ministero il delitto sarebbe da ricondurre a un’«incapacità di controllarsi» di Bossetti: su questo punto Letizia Ruggeri ha portato da esempio il caso giudiziario del camionista di Verdellino Roberto Paribello, che nel 2002, dopo un incidente stradale, sequestrò e uccise una ragazza gettando poi il corpo in un canale a Marne di Filago. Nel 2005 la Corte di Cassazione confermò, con sentenza definitiva, i giudizi di primo e secondo grado, punendo il camionista con l'ergastolo. E proprio l'ergastolo è la richiesta di condanna che, poco prima delle 20 (dopo quasi 5 ore di requisitoria, a cui vanno aggiunte le 7 di venerdì scorso), il pm ha avanzato alla Corte per l'imputato. Nelle prossime udienze a parlare saranno invece gli avvocati delle parti civili e i legali di Bossetti, che tenteranno di convincere la Corte dell'innocenza del loro assistito.

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