«Sapete che non sono stato io!»

Bossetti parla, è un fiume in piena Tutte le domande e tutte le risposte

Bossetti parla, è un fiume in piena Tutte le domande e tutte le risposte
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Venerdì 11 marzo, al Tribunale di Bergamo si è tenuta l'udienza più attesa del processo di primo grado nei confronti di Massimo Bossetti, l'uomo accusato dell'omicidio di Yara Gambirasio. Davanti alla Corte d'Assise presieduta dal giudice Antonella Bertoja, l'imputato ha continuato la sua deposizione, iniziata nell'udienza del 4 marzo. Settimana scorsa parlò per circa un'ora, negando di aver mai avuto contatti con la 13enne di Brembate Sopra, sparita nel nulla la sera del 26 novembre 2010 e rinvenuta priva di vita nel febbraio 2011 in un campo di Chignolo d'Isola. L'udienza dell'11 marzo è stata invece una vera e propria udienza fiume, nella quale Bossetti ha risposto alle domande del pm Letizia Ruggeri, dei legali della famiglia Gambirasio e dei suoi avvocati.

 

coda fuori tribunale bossetti foto bedolis

[Coda fuori dal Tribunale per assistere all'udienza]

 

«Il Dna sapete che non mi appartiene!». La deposizione è iniziata alle 9.40, davanti a un folto pubblico composto da semplici curiosi, giornalisti (molti anche stranieri) e la moglie dell'imputato, Marita Comi. Per la prima volta dall'avvio del processo nel luglio scorso, Bossetti ha potuto ribattere colpo su colpo alle accuse della Procura. Nella mattinata, in più di un'occasione, sono volate scintille tra il pm e l'imputato, con quest'ultimo che è partito subito all'attacco della prova regina di tutto il castello accusatorio, ovvero il suo Dna rinvenuto sul cadavere di Yara: «Quel Dna non mi appartiene - ha detto il carpentiere -. È un Dna strampalato che per metà non mi appartiene. È dal giorno del mio arresto che mi chiedo come sono finito in questa vicenda visto che non ho fatto niente e voi lo sapete». Il pm ha allora sottolineato che un giudice ha ritenuto che dovesse rimanere in carcere e che un altro giudice ha ritenuto gli elementi a suo carico tali da sostenere un giudizio: «Evidentemente la vicenda non è strampalata come dice lei», ha chiosato la Ruggeri. Ma Bossetti è parso molto determinato nel sostenere la propria innocenza, invitando l'accusa a «tirare fuori le prove vere», visto che, a suo parere, quel Dna «è pieno di errori». L'imputato si riferisce al fatto che il frammento genetico rinvenuto sul corpo di Yara riporti a lui soltanto per quanto riguarda il Dna nucleare, mentre il mitocondriale non sarebbe riconducibile al suo. Un mistero che anche i consulenti della Procura hanno faticato a chiarire e su cui i legali del carpentiere hanno costruito buona parte della tesi difensiva.

Il pm si è poi concentrato sulla testimonianza di Alma Azzolin, la donna che ha testimoniato in una precedente udienza e che ha raccontato come, nell'estate del 2010, vide Yara salire a bordo di un'utilitaria grigia nel parcheggio del cimitero di Brembate Sopra. Quando vide in tv il volto di Bossetti, riconobbe nell'autista di quell'auto la stessa persona che è oggi accusata del terribile omicidio. La Azzolin ha anche raccontato di aver rivisto Bossetti in un Eurospin a comprare della birra. Bossetti ha smentito seccamente la testimonianza, affermando di non aver mai comprato birre in quel supermercato. Ha però ammesso di frequentare abitualmente Brembate Sopra, comprese alcune attività commerciali del posto, come il centro estetico. «Ci andavo due o tre volte al mese, a fare le lampade», ha dichiarato Bossetti, a cui la Ruggeri ha fatto notare come, invece, l'estetista abbia raccontato di vederlo due volte a settimana. L'imputato ha scosso la testa: «Mente». Ha poi ricostruito i suoi movimenti abituali a Brembate Sopra: il commercialista, il fratello Fabio a cui aveva fatto dei lavoretti e l'edicola, dove andava a prendere dei pacchetti di figurine per i figli. Questa versione è stata però smentita dall'edicolante, che dice di non averlo quasi mai visto.

 

giuseppeguerinoniyara

 

Il mistero di Giuseppe Guerinoni. La Ruggeri è poi tornata su un punto non strettamente legato all'omicidio, ma rivelatosi fondamentale nelle indagini, ovvero i rapporti tra Ester Arzuffi, madre di Bossetti, e Giuseppe Guerinoni, autista di Gorno deceduto nel 1999 e, secondo i test genetici effettuati dall'accusa, padre naturale dell'imputato e di sua sorella gemelle Letizia Laura. Bossetti ha detto che di Guerinoni, in famiglia, ne hanno parlato soltanto una volta: «Ero a casa dei miei genitori, forse era domenica o comunque un giorno di festa. In tv hanno fatto vedere la foto di Guerinoni e sono stati mia mamma e mio papà (il padre anagrafico Giovanni Bossetti, ndr) a dire che lo conoscevano. Era l'autista del bus che ogni tanto, quando mio padre Giovanni non poteva, dava un passaggio a mia mamma per andare al lavoro da Ponte Selva a Villa d’Ogna». Il pm ha provato allora a stuzzicare Bossetti: «Si è chiesto come mai sia nato a Clusone e non a Ponte San Pietro?». «No, era un desiderio di mia madre» ha risposto l'imputato. Ma il pm ha insistito: «Però suo fratello (Fabio, il minore, ndr) è nato a Ponte San Pietro». Bossetti non ha risposto alla provocazione.

 

Marita Comi tribunale bergamo bossetti foto bedolis

 

I siti porno e il rapporto con Marita. Successivamente le domande del pm si sono concentrate sulle ricerche rinvenute sui pc di Bossetti. Nelle precedenti udienze i periti dell'accusa avevano raccontato come i dati presenti sui dispositivi dimostrassero la presenza di materiale pornografico, ma non pedopornografico. L'analisi delle ricerche online, invece, ha mostrato anche parole chiave attinenti alla pedopornografia. «Non ho mai fatto ricerche su ragazzine o tredicenni - ha dichiarato Bossetti -, assolutamente. Sono sincero, non esistono ricerche di questo genere nei nostri computer». L'imputato ha invece ammesso di navigare su siti porno con la moglie: «Lo facevamo ogni tanto, quando i bambini erano a letto». Quando il pm lo ha incalzato sulle ricerche pedopornografiche, Bossetti ha spiegato di essere un appassionato di cronaca nera e che forse quei risultati potevano essere attinenti a quella sua passione. Per il resto si è detto negato con i computer, tanto che era sempre sua moglie ad accenderglielo perché lui quasi non è capace.

La Ruggeri ha poi fatto diverse domande attinenti alla vita coniugale di Bossetti e Marita Comi, sottolineando come capitasse spesso che i due litigassero. Bossetti ha risposto che succedeva e che in quei casi capitava che andasse da sua madre a bere un caffè, ma ha anche spiegato come poi fosse sempre il primo a voler fare pace perché non gli piace portare rancore. Eppure che qualcosa che non andasse si poteva intuire, sottolinea la Ruggeri, la quale, a questo punto, ha letto una mail inviata a Marita da un misterioso "Massi" e dal contenuto hard, nella quale l'uomo chiedeva alla moglie di Bossetti di vedersi una sera. Alla domanda del pm se fosse lui il "Massi" della mail, Bossetti ha negato seccamente. «Sa bene che a inviare quella mail è stato Massimo Bonalumi» ha allora detto il pm.

 

massimo maggioni bossetti

[Massimo Maggioni]

 

Le pesanti accuse a Massimo Maggioni. La Ruggeri s'è quindi concentrata sul motivo per cui Bossetti, dopo l'arresto, tentò di accusare Massimo Maggioni, titolare della ditta per cui stava lavorando nel 2010, dicendo che poteva essere stato lui a commettere l'omicidio. «Nessuna calunnia, non volevo calunniare o ingiuriare nessuno - ha risposto Bossetti -. Ma dopo 137 giorni di isolamento terrificanti, ho continuato a pensare con chi avevo avuto dei contatti». E l'imputato ha poi spiegato perché gli fosse venuto in mente Maggioni: «Ricordo che un giorno stava guardando i bambini e le madri alla fermata dello scuolabus e che fece alcuni apprezzamenti. "Sembri un pedofilo" gli dissi, ma forse ripensandoci si stava riferendo alle madri e non ai bambini». Bossetti ha anche ricordato che Maggioni gli prestò uno straccio per tamponarsi una ferita un giorno che si fece male in cantiere. Da quello straccio, ha detto Bossetti, Maggioni avrebbe potuto ricavare le tracce del suo Dna «per mettermi nei guai». Perché avrebbe dovuto farlo? «Era invidioso di me, una volta mi ha detto: "Hai una bella moglie, dei figli. A me invece non mi vuole nessuno". E poi litigava spesso con mio cognato, Osvaldo, ed io ero dalla parte di Osvaldo». Il pm ha allora chiesto a Bossetti se non gli paresse eccessivo desumere, da queste inezie, che Maggioni lo avesse addirittura incastrato. «Non lo so, pensavo solo a chi mi poteva voler mettere nei guai». E quel qualcuno, per Bossetti, era Maggioni: «Ricordo anche che sotto il sedile del furgone aveva un coltello da Rambo e una volta, sempre nel suo furgone, ho sentito uno strano odore, una puzza come di cadavere di animale».

«Non è giusto che io sia in carcere mentre là fuori due persone ridono» ha poi detto Bossetti, esasperato dalle domande del pm. «Perché proprio due?» ha prontamente domandato la Ruggeri. «Perché chi ha fatto del male a Yara non può essere stato da solo».

 

bossetti ansa

 

Il ricordo dell'arresto: «Trattato peggio di Riina». Prima della sospensione dell'udienza per la pausa pranzo, Bossetti ha anche ripercorso i terribili momenti del suo arresto, avvenuto il 16 giugno di due anni fa: «Avevo paura, sono stato trattato in maniera schifosa, vergognosa. Peggio di uno spacciatore, di un mafioso. Peggio di Totò Riina - ha detto l'imputato -. Mi hanno circondato in 40, hanno circondato il cantiere. Che cosa pensavano? Che scappassi? Avevo i piedi nel cemento. Mi hanno detto di stare zitto, di non guardarli negli occhi, di non parlare o fare domande. Avevo paura mi picchiassero. Quando chiesi dell'acqua mi dovetti inginocchiare per bere. Ero terrorizzato, stavo quasi per svenire. Una cosa fuori dal mondo».

Parola all'avvocato della famiglia Gambirasio. L'udienza è ripartita dopo la pausa pranzo, intorno alle 15.30. Il pm ha concluso il suo interrogatorio chiedendo a Bossetti se il furgone ripreso dalle telecamere di sorveglianza poste in diversi punti di Brembate Sopra e risalenti alla sera del 26 novembre 2010 fosse il suo. L'imputato è stato molto veloce nel rispondere negativamente, sottolineando come, sebbene la cabina fosse uguale a quella del suo furgoncino, quello ripreso dalle telecamere avesse molti elementi diversi dal suo, come ad esempio il cassone. Per essere più chiaro, Bossetti ha chiesto di guardare nuovamente il video dell'accusa, richiesta accordata dal pm. È probabile che si possa procedere già nella prossima udienza. La parola è poi passata all'avvocato Andrea Pezzotta, legale della famiglia Gambirasio. Pezzotta ha chiesto a Bossetti se proprio non si ricordasse cosa avesse fatto la sera della scomparsa di Yara e se ne avesse mai parlato a casa. L'imputato ha confermato quanto affermato in precedenza, ovvero di non ricordare nulla di quella sera e di averne parlato con la moglie anche qualche giorno dopo la scomparsa di Yara. Il legale della parte incivile lo ha incalzato sottolineando come Marita Comi, durante un incontro con il marito in carcere, avesse sottolineato che quella sera Bossetti non era a casa, ma l'imputato non ha cambiato la propria versione: «Non mi ricordo, davvero. Forse l'avevo anche detto a Marita dove ero stato, ma ora non mi ricordo».

 

 

«In carcere ho pensato al suicidio». La parola è poi passata ai legali della difesa. A interrogare Bossetti è stato il suo avvocato Paolo Camporini, che ha chiesto al suo assistito di ripercorrere i mesi di carcere: «Sono stato in isolamento dal 16 giugno al 28 ottobre 2014. Non uscivo nemmeno per l'ora d'aria. Gli altri detenuti mi umiliavano, mi sputavano addosso. 40 giorni dopo l'arresto mi hanno portato la televisione e su ogni canale vedevo la mia faccia o quella di Yara. Continuavo a piangere, a non dormire» ha detto Bossetti. Che poi, quasi in lacrime, ha affermato: «È vero, ho pensato anche di suicidarmi. Mi ha salvato solo la foto della mia famiglia, quella che avevo con me».

Su domanda del suo legale, Bossetti ha poi ammesso di aver subito pressioni per confessare: «Tutti mi hanno fatto pressioni. Ma se uno è innocente, su cosa deve cedere? Anche mia moglie mi ha fatto il quarto grado quando è venuta a trovarmi, ma se avessi mentito mi avrebbe letto negli occhi».

«Fulvio Gambirasio non è un padre normale». Qualche attimo di tensione c'è stato quando Bossetti ha risposto ad alcune domande di Camporini riferite a Fulvio Gambirasio, il padre di Yara. L'imputato, infatti, ha dato giudizi pesanti: «Per me Fulvio Gambirasio non è un padre normale» ha detto l'imputato, scatenando la reazione stizzita del legale della famiglia Gambirasio, Andrea Pezzotta, che ha sbattuto il pugno contro il tavolo. Bossetti ha poi spiegato la propria affermazione: «Mi è capitato di incontrarlo in cantiere dopo la scomparsa. E dentro di me pensavo che se fossi stato io il padre di Yara avrei lasciato il lavoro, avrei lasciato tutto, e sarei andato a cercarla». Poi, su Yara, ha aggiunto: «Non c'è sera che non preghi per lei».

 

fulvio gambirasio genitori yara bossetti

 

«Io e Marita una coppia affiatata, anche sessualmente». Dopo Camporini è stato l'altro legale di Bossetti, Claudio Salvagni, a fare delle domande all'imputato. In particolare l'avvocato ha chiesto al carpentiere di Mapello di parlare del suo rapporto con la moglie Marita, più volte messo in dubbio dall'accusa, anche nell'interrogatorio della mattina: «Siamo una coppia affiatata, anche dal punto di vista sessuale - ha detto Bossetti -. Una coppia normalissima con una grande intesa, anche nei momenti più intimi». L'imputato ha anche ammesso di aver fatto, in passato, dei regalini hot alla moglie, come lingerie o oggetti comprati in sexy shop. Bossetti ha poi negato di aver avuto un'amante: «Se non l'ha scoperto mia moglie, significa che non ce l'ho mai avuta» ha dichiarato, strappando un sorriso al pubblico presente in aula.

Salvagni ha poi fatto alcune domande relative a delle minacce che Bossetti ha ricevuto in passato: «È successo quando lavoravo a Terno d'Isola. Ho ricevuto minacce da alcuni miei concorrenti. Prendevo tanti lavori, non mi importava se erano pesanti, e questo non piaceva a tanti. Una volta ho anche ricevuto una lettera anonima di minacce, fatta con i ritagli di giornale. E un'altra volta mi è stato manomesso il furgone, ho dovuto cambiare la serratura». Dopo aver ascoltato per tutta la giornata le risposte di Bossetti alle domanda di accusa, parte civile e difesa, alle 18 circa la Corte si è riservata di decidere se interrogare l'imputato nel corso della prossima udienza, fissata per mercoledì 16 marzo.

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