Botte praticamente ogni giorno, anche per farla abortire con un'iniezione: condannato 29enne
I giudici gli hanno dato due anni e un mese per maltrattamenti e lesioni, assolto invece dall'accusa di violenza sessuale

Botte continue, con una cadenza quasi quotidiana, usando la violenza fisica anche per costringerla a sottoporsi a un'iniezione, in casa e senza alcun tipo di sicurezza, per farla abortire. Per questo motivo un 29enne indiano, tra l'altro mai comparso a processo, è stato condannato la scorsa giornata (giovedì 14 marzo) a due anni e un mese di carcere per maltrattamenti e lesioni.
Accolte le attenuanti generiche della sua tossicodipendenza, prevalenti sull'aggravante di aver picchiato ripetutamente la ex fidanzata, una 35enne connazionale. Lo hanno invece assolto dall'accusa di violenza sessuale, dato che la donna sosteneva che ancora sofferente per gli effetti della puntura e dell'aborto, l'avrebbe costretta ad avere dei rapporti. L'avvocato aveva invece chiesto l'assoluzione piena da tutte le accuse, sostenendo che lei era inattendibile.
La testimonianza della madre
In Aula al banco dei testimoni, anche la madre della 35enne che, come riportato oggi dal Corriere Bergamo, con l'aiuto di un traduttore ha risposto alle domande del pm, confermando i maltrattamenti a sua figlia da parte del compagno, riportando anche dei segni sul viso lasciati dalle percosse, il sangue e le chiamate della parte lesa dal bagno, dove si chiudeva per sfuggire all'ira dell'uomo, che si sentiva in sottofondo, in alcuni casi, ha raccontato, anche mentre faceva minacce di morte.
Le motivazioni della sentenza
I giudici, nelle motivazioni della sentenza, hanno citato i «numerosissimi pestaggi anche in presenza di terzi», commessi dall’imputato tra il 2019 ed il 2020 nella Bassa, dove conviveva con la vittima. Reati perpetrati quando era drogato o quando la compagna non gli dava i soldi per gli stupefacenti, in modo sistematico tale per cui la quotidianità di vita era stata resa «oggettivamente prostrante».
Alle botte giornaliere si aggiunge inoltre «l’esperienza, traumatizzante, del pestaggio funzionale a farle fare una puntura e poi abortire». La donna, a causa di queste esperienze terribili, adesso ha problemi di alcolismo e psichiatrici. La Corte non ha ritenuto derubricabili le lesioni in semplici percosse, considerando che un referto medico indicò una prognosi di dieci giorni, per dei lividi al volto ed a una gamba.