Città che cambia

Carnovali, il quartiere che non c'è

Carnovali, il quartiere che non c'è
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All’uscita dell’autostrada, prima del piazzale della Malpensata, dietro la grande Coop. Quando chiedono: «Dove abiti?», è spesso così che risponde un residente del quartiere Carnovali. Un’area poco definita, racchiusa tra il ben più noto San Tomaso e il confine segnato dall’A4, con lo sguardo che corre verso Colognola. Una zona per lo più residenziale, alla quale manca l’anima del quartiere: non c’è una piazza, non c’è un luogo di aggregazione all’aperto, non un ufficio postale e una farmacia; solo qualche piccola bottega e un paio di bar resistono ancora, schiacciati dall’incombere di ben quattro supermercati.

 

 

Storicamente la periferia Sud della città era considerata come una sorta di dormitorio del capoluogo: case popolari, condomini, pochi passi per arrivare alla stazione, agglomerati abitativi sorti intorno alla Magrini. «Ci siamo trasferiti qui quando avevo dieci anni – racconta il signor Giovanni, pensionato, che per anni ha gestito il bar in via dei Carpinoni –. Negli anni Sessanta ci vivevano gli operai che partivano la mattina presto per andare in fabbrica o alla ferrovia e tornavano la sera. Non c’erano grandi svaghi all’epoca e la domenica si andava tutti in chiesa al Sacro Cuore». La parrocchia, punto di riferimento di un’area destrutturata, resta ancora oggi l’unica stella polare della comunità, timidamente stretta tra le palazzine. «Risiedo in via Carnovali da venticinque anni – spiega la signora Gisella, casalinga –. Qui ho cresciuto i miei figli. Il quartiere non è molto cambiato in tutto questo tempo, nessuna novità, pochi servizi, bisogna sempre spostarsi verso il centro o in San Bernardino».

Chi abita il rione non lo vive davvero, complice la vicinanza sia del centro di Bergamo che delle direttrici per uscire dalla città. Passeggiando per le vie si apprezza il silenzio, i rumori della trafficata via Autostrada sono lontani, ma sono pochi i passanti e a fatica si distinguono anche gli schiamazzi giocosi dei bambini, relegati al cortile dell’oratorio che guarda su un fatiscente campo da tennis in disuso o alla palestra della Polisportiva Sacro Cuore. «Ho tre figli adolescenti e li porto ogni pomeriggio a giocare in altri oratori – lamenta Stefano, agente di polizia –. Per loro qui non c’è nulla».

 

A sinistra, il parco di via Spino negli Anni ‘90, quando veniva ancora utilizzato
per la transumanza delle greggi. A destra, invece, lo stesso parco oggi.

 

Con la conclusione dei lavori alle case popolari nel 2016, dopo anni di stop del cantiere e la costruzione del condominio Acli, il quartiere si sta popolando di nuove famiglie e giovani coppie: nelle sole palazzine rosa dell’Aler abitano oggi oltre trecento persone, tutte di diverse etnie. Così però la carenza di spazi di socializzazione, al di fuori del Centro della Terza età della circoscrizione, comincia a diventare sensibile. «Sono nata e ho vissuto a Milano, mi sono trasferita con mio marito e mio figlio quando è stato terminato il condominio Sofia – racconta Barbara, avvocato –. Ho scelto questa zona di Bergamo solo per una questione logistica, perché è vicina all’autostrada, ma il quartiere non mi piaceva. Fin da subito ho notato un certo degrado. L’unico parco disponibile è il Lolmo, ma le mamme non ci portano i bambini perché è buio e mal frequentato. Siamo sempre più giovani genitori qui e si percepisce la voglia di avere un luogo di condivisione».

Nel rione, che rappresenta l’1,7 per cento della superficie della città, risiedono 3.600 abitanti, con un incremento annuo di ventuno abitanti ogni mille; un dato che si discosta notevolmente dalla crescita media di tre abitanti registrata sui ventidue quartieri di Bergamo. «Sono nato qui, i miei genitori si sono trasferiti da Sovere dopo essersi sposati nel ’78 – racconta Roberto –. Ricordo quando dalla finestra si vedeva il campo incolto dove si radunavano le pecore in transumanza. Sembrava di avere la campagna in città. Oggi ho scelto di restare qui con mia moglie e i miei figli nasceranno dove sono cresciuto io, ma con più opportunità a disposizione, perché il quartiere sta ricominciando a vivere .

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