Casi di Covid tra i visoni: 30mila da abbattere in un allevamento a Capralba
Trovati leggermente positivi tre animali. Non si sa ancora quando saranno soppressi (e le carcasse incenerite)
Non soltanto in Danimarca. Casi di visoni positivi al Covid si sono registrati anche in Italia e, per l’esattezza, nell’allevamento Mi-Fo di Capralba, il più grande in Italia situato al confine tra le province di Cremona e Bergamo. Dopo i contagi certificati negli altri Pesi europei, il Ministero della Salute ha deciso di sospendere per tre mesi l’attività degli allevamenti e ha ordinato l’abbattimento degli animali contagiati dal virus e ora i circa 30 mila esemplari cremonesi (riproduttori compresi) dovranno essere soppressi e inceneriti e con la logica conseguenza che le pellicce non potranno essere lavorate e vendute.
Come ha raccontato il titolare Giovanni Boccù all’Eco di Bergamo l’abbattimento dei capi e lo smaltimento delle carcasse dovrà essere affidato a una ditta esterna. Tuttavia, non si conosce ancora li giorno esatto in cui i visoni andranno incontro al loro destino, né quali saranno gli eventuali indennizzi previsti per l’attività che avrebbe dovuto iniziare la lavorazione delle pelli il 2 novembre scorso e che nel frattempo ha dovuto congelare tutto. Ma non le spese, pari a circa 3 mila euro al giorno per il mantenimento degli animali.
Gli accertamenti nell’allevamento (su lavoratori e animali) sono partiti dopo che ad agosto un dipendete era risultato positivo al tampone. L’Ats Valpadana aveva accertato due visoni “lievemente positivi” all’infezione e fermato l’attività come da prassi; un ulteriore caso leggermente positivo era stato diagnosticato a fine ottobre ma il resto degli animali è risultato negativo al Covid. Il proprietario per riprendere l’attività aveva fatto ricorso al Tar di Brescia, che avrebbe dovuto pronunciarsi a metà novembre, salvo un nuovo blocco imposto dall’Ats in attesa di un riscontro dal Ministero della Salute. Per l’allevamento si tratta di un grave danno economico, che secondo il titolare è aggravato dal fatto che l’istituto zooprofilattico di Brescia responsabile delle analisi ha accertato l’assenza del virus tra gli animali.