Il caso Cambridge Analytica La rivincita della carta sul digitale
Questa è davvero una bella rivincita della vecchia carta stampata sui nuovi e supponenti social media. Sono stati infatti gli investigatori del Guardian e del New York Times a svelare la gigantesca tresca organizzata dalla società angloamericana Cambridge Analytica, usando la permeabilità di Facebook. La società di marketing online vicina alla destra statunitense che ha usato un'enorme quantità di dati prelevati dal social network senza rispettare le sue condizioni d’uso e da parte di Facebook hanno lasciato fare.
Cos'è successo. Proviamo a ricostruire cosa è accaduto. Cambridge Analytica qualche anno fa aveva ottenuto da uno sviluppatore informazioni sui profili di circa 50 milioni di iscritti a Facebook. Lo sviluppatore aveva raccolto questa somma di informazioni con una semplice app che aderiva alle regole di Facebook. Queste regole però vietano di diffondere i dati ottenuti a società terze, come invece è avvenuto. Cambridge Analytica si autodenunciò al colosso dei social, che chiese di distruggere quei dati, ma in realtà non si sa cosa effettivamente avvenuto. Comunque Facebook aveva la coscienza di averla fatto sporca, tant’è vero che appena è girata la voce delle inchieste condotte dai due grandi quotidiani di qui e di là dell’Oceano, Zuckerberg si è affrettato a cambiare le regole sulla raccolta dati.
In tribunale. Ma non è bastato, e Facebook è finita nel mirino sia delle procure americane, sia della Federal Trade Commission, l’agenzia federale che si occupa di regolamentare le telecomunicazioni negli Stati Uniti, che vuole capire se nell’accaduto si configura una gigantesca violazione della privacy. Anche il Parlamento Britannico ha invitato Zuckerberg a comparire davanti a una delle sue commissioni parlamentari, per spiegare come Facebook raccoglie, gestisce e protegge i dati personali degli utenti. Entro il 26 marzo Mister Facebook deve comparire.
Un assedio telematico pro Trump. Ovviamente la grande questione su cui tutti vorrebbero fare chiarezza è una: come sono stati utilizzati questi dati e a chi sono serviti. Basta dare un occhio alla storia di Cambridge Analytica per capire che siamo di fronte a un società tutt’altro che neutrale: è stata infatti fondata da Robert Mercer, un miliardario imprenditore statunitense con idee molto conservatrici. Mercer è uno dei finanziatori del sito d’informazione di estrema destra Breitbart News, diretto da Steve Bannon, consigliere e stratega di Trump durante la campagna elettorale e poi alla Casa Bianca.
Il business della società consiste nel raccogliere un’enorme quantità di dati dai social network sui loro utenti (i like come i commenti). Poi i dati vengono trattati con un approccio simile a quello della “psicometria”, che studia i comportamenti e le caratteristiche delle singole personalità. Quindi elabora, attraverso algoritmi, messaggi adatti a fare breccia nella psicologia dei singoli. Insomma, un vero assedio sistematico, che avrebbe influenzato le decisioni su due votazioni importanti degli ultimi anni, il referendum sulla Brexit e le lezioni per la Casa Bianca. Insomma siamo di fronte ad una vera fucina di fakenews personalizzate.
È curioso vedere come il mondo della destra si sia impadronito di uno strumento sempre difeso dalla sinistra culturale di tutto il mondo. Il mondo dei nuovi media e della rivoluzione digitale, sempre schierato con i democratici, è stato uno strumento per la vittoria dei conservatori. Come contrappasso non c’è male...