C'è sempre coda da Starbucks & Co. (Qualcuno mangia ancora a casa?)
Hanno dovuto mettere le transenne fuori da quello che era il Palazzo delle Poste, nel cuore di Milano. Transenne per regolare la coda di persone che ogni giorno si forma per poter entrare nel nuovissimo Starbucks e prendersi un caffè. È così dallo scorso 7 settembre, giorno dell’inaugurazione. Ci si domanda perché un bar, seppure di prima classe, possa incontrare a tal punto i desideri del pubblico, da rendere giustificata anche una coda di un’ora per arrivare al tanto sognato bancone e spendere 1,80 per una tazzina. La risposta l’ha data il numero uno della catena americana, in occasione dell’inaugurazione: «Il prezzo riflette l’esperienza che offriremo ai clienti, una volta entrati nello spazio, i nostri clienti capiscono esattamente quale sarà l’esperienza premium».
Chiaro che il segreto sta in quella parola: esperienza. Bere un caffè nel nuovo Roastery di Starbucks, è qualcosa di speciale, di fuori dall'ordinario. I motivi sono più di uno. Innanzitutto c’è il concetto stesso di Roastery, che significa un locale luxury con torrefazione interna. Al mondo ce ne sono quattro oltre a questo di Milano, che è l’unico in Europa. Esperienza vuol dire che mentre si beve il caffè nella tazzina disegnata ad hoc, nera e ribattezzata Milano 2018, si assiste alla tostatura, con il sistema di torrefazione Scolari, impianto in rame, spettacolare dal punto di vista estetico: si vede il chicco verde ancora crudo, che viene tostato, poi macinato e alla fine filtrato. A completare quest’aspetto esclusivo c’è anche la possibilità di assaggiare un blend creato ad hoc per lo Starbucks milanese: lo hanno ribattezzato Pantheon, ed è un mix morbido, con gusto di uvetta, cioccolato al latte e caramello. Insomma ci sono tanti elementi per immaginare che bere un caffè da quelle parti sia qualcosa di speciale. Ed è per questo che le persone si mettono in coda (oltre al fatto che la filosofia di Starbucks prevede che un utente possa fermarsi al tavolo per tutto il tempo che vuole, il che di riflesso rallenta ancor di più le code).
Quella davanti alle vetrine della catena americana non è certo l’unica coda, dettata da ragioni gastronomiche, che si incontra a Milano di questi tempi. Davanti alle vetrine di Jollibee, fast food filippino, sotto i portici della centralissima piazza Diaz, c’è sempre chi sta pazientemente in attesa di entrare a qualsiasi ora del giorno. Ogni sera c’è affollamento davanti a Sorbillo, uno dei più famosi marchi della pizza di Napoli, dove si mangia ma non si può prenotare. Si sta lì e si aspetta il proprio turno. Per stare in ambito di italianità, c’è coda perenne davanti alle vetrine di Luini, dietro Piazza Duomo, per assaggiare i celebri panzerotti. E ora prepariamoci a un nuovo assedio: in corso Vittorio Emanuele, con un’altra prima europea, ha aperto i battenti Five Guys, la catena americana di hamburger di qualità. Il segreto, oltre alla leggenda molto a stelle e strisce dei fondatori, un padre e i quattro figli, è la freschezza. Se da Starbucks si vede il caffè in tutte le sue fasi, così qui niente viene nascosto della confezione di panino e patatine.
A fine giornata ci si può poi domandare: ma a Milano qualcuno mangia ancora a casa?