C'era una volta lo streaming (poi cos'è successo, 5 stelle?)

C’era una volta lo streaming. Potrebbe essere questo il titolo di una breve storia del Movimento 5 stelle. Streaming, ovvero «flusso di dati audio/video trasmessi da una sorgente a una o più destinazioni tramite una rete telematica», come spiega Wikipedia. Streaming, cioè lo strumento per togliere i segreti alla politica, giocare su una trasparenza assoluta, mandando online gli incontri di vertice, in modo che tutti potessero vedere, giudicare. Uno stile di politica orizzontale, senza più stanze chiuse. Questo era lo stile dei 5 stelle.
Quello grazie al quale i grillini hanno a volte fatto saltare il tavolo della politica come quando si presentarono per le consultazioni dal candidato presidente del Consiglio Pierluigi Bersani e trasmisero tutto in diretta connettendo i cellulari con il resto del mondo. Fu una mossa che colse di sorpresa Bersani e in un certo senso contribuì alla sua fine politica. Quando il suo successore, Enrico Letta, si trovò nella stessa situazione, l’effetto sorpresa evidentemente non funzionò più e Letta vinse la sua partita. Così il Corriere della Sera commentò quell’incontro: «Una giornata nera per la Grillo & Casaleggio Associati. Enrico Letta, i grillini, se li è mangiati in un solo boccone. Sembrava il giovane cattedratico che interroga i fuori corso e usa l'esame per spiegare ancora una volta, con santa pazienza, il programma del corso».
Lo streaming è tutt’uno con la concezione politica di Grillo e soci. Se sul web si incrociano le due voci, ci si trova di fronte a oltre 30mila risultati. Non c’è candidato pentastellato che non abbia fatto la sua diretta con gli elettori, per dialogare, raccogliere proposte, fare progetti condivisi. Non sempre il livello tecnologico è quello auspicato, nonostante la garanzia di una società ipertecnologica come la Casaleggio Associati. Durante la campagna elettorale amministrativa di giugno ad esempio lo streaming con i candidati era andato a singhiozzo sollevando più ironia che rabbia tra i militanti...
Ma che lo streaming sia un mezzo in declino lo si è capito bene nelle vicende tempestose di queste prime settimane di giunta romana. I 5 stelle hanno iniziato a riunirsi con riti ben diversi. Cambiano anche le parole. Con insistenza sentiamo far riferimento a direttori e minidirettori, riunioni segrete, mail avvelenate. Le porte delle riunioni sono ormai quasi rigorosamente chiuse e se qualcosa trapela da quelle trincee è solo perché i toni del dibattito si alzano e neanche i poderosi muri del potere romano riescono a trattenere le urla, i pugni sul tavolo, le voci che vanno sulle altre voci.
https://youtu.be/qSlZjayWPhY
Se sulla sostanza politica i 5 stelle appaiono in evidente difficoltà, ancor di più lo sono sulla metodologia che è sempre stata il loro asso nella manica. Perché con il venire meno delle comunicazioni aperte, viene meno anche la conoscenza dei meccanismi decisionali. «Il direttorio» ha fatto sapere Federico Pizzarotti, sindaco di Parma in rotta con i vertici del movimento, «dovrebbe oggi rassegnare in blocco le proprie dimissioni per non aver saputo gestire il Movimento. L'Italia non si governa con due clic in rete e con decisioni calate dall'alto e a porte chiuse. Tutto quello che è successo a Roma è stato causato da una grave mancanza di regole chiare a tutti». E ha buon gioco Matteo Renzi a ridersela sotto i baffi: «Non voglio infierire. Ma non ho mai visto tante bugie tutte insieme».