Processo

Chiesti 3 anni e 9 mesi per il padrone di casa accusato di stupro da una turista americana

La ragazza, che aveva prenotato su Airbnb, raccontò sconvolta gli avvenimenti a un'amica e alla madre, ma secondo la difesa ci furono "solo" baci e carezze consenzienti

Chiesti 3 anni e 9 mesi per il padrone di casa accusato di stupro da una turista americana
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Il collegio del giudice Donatella Nava ha deciso che il processo si svolgerà a porte chiuse. All'interno, come testimone, c'è la migliore amica della vittima; un'interprete perché la ragazza, americana, non parla l'italiano, e poi anche il dipendente di Airbnb che ha gestito degli scambi di messaggi con la cliente dopo i fatti imputati. Il caso è quello della giovane ragazza americana, che nel 2019, a 25 anni appena compiuti, sarebbe stata violentata dal proprietario della casa, che aveva prenotato tramite la piattaforma per un viaggio a Bergamo.

La testimonianza della migliore amica

La migliore amica è stata chiamata a rispondere alle domande del pm Paolo Mandurino in merito alla telefonata che ricevette nel cuore della notte del 16 aprile 2019. «Piangeva così tanto che era difficile capirla. Le dissi di calmarsi, di prendersi il tempo necessario. Mi raccontò, poi, che era andata a cena con il padrone della stanza che aveva affittato su Airbnb, che neanche avrebbe voluto uscirci. L’aveva fatto per gentilezza, per non farlo rimanere male. Una volta rientrati, disse che lui l’aveva violentata in cucina».

L'amica sarebbe stata quindi la prima confidente alla quale la ragazza americana avrebbe raccontato tutto. Non solo, questo racconto viene confermato anche dalla madre della ragazza, che avrebbe ricevuto dalla figlia una chiamata simile la mattina successiva alla violenza. Si aggiunge anche la testimonianza della catena Airbnb (estranea alla vicenda) con il quale la ragazza intrattenne una corrispondenza nei mesi successivi ai fatti.

I messaggi scambiati sono stati riprodotti dalla difesa, perché l'avvocato Enrico Cortesi ritiene che questa conversazione contenga elementi e contraddizioni a favore del suo assistito. Le parole usate dalla ragazza per denunciare sono «physical/sexual avances». Fossero semplici «avances», per la difesa vorrebbe dire smentire le accuse. È anche vero che, come sottolineato dall'accusa, per la ragazza non sarebbe stato facile usare parole più forti, necessarie, ma difficili da scrivere e pronunciare dopo la violenza.

L'accusato parla di baci e carezze consenzienti

L'imputato, da parte sua, smentisce da sempre la vicenda. Se secondo la giovane, l’uomo le abbassò i pantaloni e la violentò; secondo lui si baciarono e accarezzarono. Lei era consenziente e non si sarebbe andati oltre. Da un lato quindi lui non nega che ci siano stati dei contatti erotici, ma insiste sul fatto che la ragazza non sarebbe stata forzata e che non ci sarebbe stato alcun rapporto completo. A riprova, ha portato il suo medico come testimone per spiegare i problemi di fisici che non gli avrebbero permesso l'atto.

Chiesti 3 anni e nove mesi

Nei processi per violenza sessuale, prove schiaccianti è difficile averne. Il pm ha chiesto la condanna a tre anni e nove mesi, lo stesso l’avvocato Marco Amorese per la parte civile; il difensore dell’imputato l’assoluzione. Il collegio presieduto dal giudice Donatella Nava (a latere Anna Ponsero e Roberto Palermo) deciderà il 24 novembre.

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