Campagna di "Pro Vita"

Dopo Milano, anche a Bergamo è polemica per i manifesti shock degli anti-abortisti

Il sindaco Giorgio Gori ha fatto rimuovere il cartellone comparso in via San Bernardino: «I manifesti miravano a ingenerare allarme per la salute e la vita delle donne»

Dopo Milano, anche a Bergamo è polemica per i manifesti shock degli anti-abortisti
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«Prenderesti mai del veleno?». Dopo essere apparso a Milano e aver innescato una catena di denunce e moti di sdegno da parte delle associazioni femministe della città, il testo della pubblicità contro la pillola abortiva Ru486 è sbarcato anche a Bergamo. Per l’esattezza, il cartellone di Pro Vita che raffigura una giovane donna a terra, esanime, con una mela rossa in mano (a ricordare una moderna Biancaneve) ha fatto la sua comparsa in via San Bernardino.

Come tra i residenti della città meneghina, anche tra i bergamaschi si è levato un coro di persone che ne hanno richiesto la rimozione. Tra i primi il consigliere regionale di Azione Niccolò Carretta che ha definito il cartellone «terrificante e falso». A fare da sottotesto alla campagna di Pro Vita c’è infatti la scritta che la pillola abortiva «mette a rischio la salute e la vita delle donne e uccide il figlio nel grembo». Un’informazione fuorviante e che non trova alcuna corrispondenza con la realtà visto che la pillola abortiva è regolarmente approvata dall’Aifa, l’Agenzia italiana del farmaco, e di conseguenza non è certo velenosa. Un concetto rimarcato anche dal collettivo femminista Non una di meno Bergamo. «La Ru486 è un farmaco, non un veleno. L’aborto è un diritto sancito anche da una legge, la numero 194. Sul nostro corpo decidiamo noi. In attesa che il Comune di Bergamo faccia il suo dovere, noi abbiamo deciso di segnalare, se non fosse chiaro, il sessismo di questo velenoso manifesto».

Questa mattina (venerdì 11 dicembre) il sindaco Giorgio Gori ha fatto sapere di aver fatto rimuovere il poster. «Ho fatto rimuovere i manifesti dell’Associazione Pro Vita & Famiglia contro l’uso dell’RU486 (“Prenderesti mai del veleno?”). Nonostante il farmaco sia sicuro e approvato dall’Aifa, i manifesti miravano a ingenerare allarme per la salute e la vita delle donne che ne facciano uso».

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