Ma nello spazio si dorme bene? Un esperimento di Samantha

Sono già arrivate tre registrazioni nell’arco di quindi giorni. Ma non parliamo di brani musicali, bensì di sonni spaziali. Giungono da Samantha Cristoforetti, impegnata nel progetto Wearable Monitoring, uno dei nove della missione FUTURA, che è stato proposto dalla Fondazione Don Gnocchi e svolto in collaborazione con l'Istituto Auxologico Italiano. L’indagine ha l’obiettivo di approfondire studio e conoscenza dei meccanismi fisiologici del sonno in microgravità.
Perché nello spazio si dorme peggio? Non tutti i sonni sono uguali, specie se ci si trova a dormire in una navicella spaziale dove, per via degli influssi stellari, di quelli terresti e di mille altre componenti, la qualità del riposo potrebbe subire delle alterazioni ed essere compromessa. Un dato di fatto, dicono gli esperti, è che il sonno, rispetto a quanto avviene sulla terra, è di norma meno buono. Ma gli astronauti non si possono permettere di dormire male e poco, perché questo porterebbe a una diminuzione dell’attenzione, della reattività e della vigilanza durante le attività in veglia.
Perché Morfeo non dia tra le stelle la medesima tranquillità e bontà a chi dorme è ancora tutto da capire, sebbene si ipotizzi che la causa possa essere una attività anomala del sistema nervoso autonomo, indotta da modificazioni delle funzionalità e della meccanica cardiaca per effetto della microgravità. E Samantha, con questo esperimento, sta provando a fornire utili informazioni proprio riguardo all’andamento, nel sonno spaziale, dell'attività elettrica e meccanica del cuore, dei livelli di attivazione del sistema nervoso autonomo, della respirazione e della temperatura corporea.
Una t-shirt spaziale. Come si può immaginare, monitorare il sonno tra le stelle non è cosa da poco, tanto che il Laboratorio dei Sensori Indossabili e Telemedicina di Milano della Fondazione Don Gnocchi ha dovuto sviluppare e mettere a punto una speciale strumentazione che è stata chiamata MagIC-Space e che è giunta sulla Stazione Spaziale Internazionale il 12 gennaio scorso con la capsula SpaceX Dragon CRS-5. Il dispositivo consentirà di rilevare e raccogliere i dati con sei registrazioni notturne nell'arco dei sei mesi di permanenza di Samantha nello spazio in maniera molto particolare. Con un sistema di corpo-a-corpo che l’astronauta, capitano pilota dell’aeronautica Militare, indossa tutte le sere.
La tecnologia di monitoraggio è infatti composta da una maglietta contenente all’interno dei sensori tessili utili a rilevare alcuni parametri fisiologici e segnali biologici, fra cui la registrazione dell’attività del cuore (con un elettrocardiogramma) e del respiro. Ma la strumentazione ha anche un’Unità Elettronica Portatile (PEU) che misura le vibrazioni cardiache (da cui vengono estratti gli indici di meccanica cardiaca) e un termometro che monitora la temperatura cutanea durante il sonno più una dotazione di batterie per l’alimentazione del dispositivo. In ciascuna sessione sperimentale Samantha veste la maglietta sensorizzata, collega la PEU e l'unità batterie, e attiva il monitoraggio. Il sistema registra così i parametri biologici dell’astronauta durante tutto il periodo di sonno. Quei dati, al risveglio, vengono poi trasferiti da Samantha sul computer di bordo e quindi trasmessi a terra.
Le registrazioni una volta giunte via etere a destinazione sono analizzate dagli ingegneri della Fondazione Don Gnocchi (Emanuele Vaini, Prospero Lombardi e Paolo Castiglioni sotto la guida di Marco Di Rienzo, titolare del progetto) e i dati intrepretati biologicamente insieme al team di cardiologi dell’Istituto Auxologico Italiano (Carolina Lombardi, Giovanna Branzi, Valeria Rella coordinate da Gianfranco Parati, docente di Medicina Cardiovascolare dell'Università di Milano Bicocca).
Le applicazioni terrestri. L’accurata esecuzione del protocollo sperimentale da parte di Samantha Cristoforetti e l'attento coordinamento delle attività da parte dell’Agenzia Spaziale Italiana e della NASA sono state determinanti per l'alta qualità dei dati raccolti. Tanto che, oltre che in situazione di microgravità, i risultati dell’esperimento potranno avere importanti ricadute anche per lo studio dei disturbi del sonno terreno di cui, nel mondo occidentale, soffre una persona su quattro. Il dispositivo sviluppato per la missione è infatti caratterizzato da un'estrema facilità d’uso e consentirebbe la diagnosi remota dei disturbi del sonno presso il domicilio del paziente, nell’ambito di servizi di telemedicina.