Lo studio

Coronavirus, i fumatori presentano il quadro più grave

Giulia Veronesi, specialista in chirurgia toracica del San Raffaele, ha esposto alcuni dati da uno studio che mette in rapporto il Covid-19 con il fumo.

Coronavirus, i fumatori presentano il quadro più grave
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Il 21 percento dei fumatori presenta un quadro grave, contro il 14,5 per cento dei non-fumatori. Un terzo in più. Fumo e Coronavirus, il rapporto è emerso in modo evidente all’esplodere dell’epidemia; prima in Cina e ora anche in Italia. Giulia Veronesi, direttrice del programma strategico di Chirurgia Robotica Toracica al San Raffaele di Milano, sta approfondendo la questione da cui si possono trarre già utili indicazioni.  «Per quanto riguarda la nuova pandemia da Coronavirus - commenta la dottoressa Veronesi -, è noto dai dati provenienti dalla Cina, confermati anche in Italia,  che il decorso della sindrome Covid-19 è più grave nelle persone affette da malattie croniche come quelle cardiovascolari, il diabete, la BPCO (broncopneumopatia cronica ostruttiva), l’ipertensione e i tumori. Ecco che il fumo è un rilevante fattore di rischio di tutte queste patologie. Anche il successivo percorso di guarigione di un paziente fumatore può risultare più lungo e complesso, poiché il tessuto polmonare è ispessito e meno elastico e possono presentarsi malattie concomitanti legate al fumo». Lo stato infiammatorio persistente dovuto alle sostanze altamente cancerogene presenti nel tabacco (se ne conoscono più di 70), rende i fumatori più a rischio di tumore del polmone: «Nel 2019,  i nuovi casi di cancro al polmone registrati in Italia sono 29.500 negli uomini e 13.000 nelle donne», precisa la professoressa. Il fumo è ancora un vizio diffuso in Italia. Degli oltre 11,6 milioni di fumatori italiani, più della metà sono uomini (7 milioni) e i restanti 4,5 milioni sono donne, anche se con il passare del tempo la differenza fra i sessi nel consumo di tabacco si sta riducendo. È noto da oltre cinquant’anni che il fumo causi - oltre a diversi tipi di tumori e patologie cardiovascolari - anche malattie respiratorie, dal momento che rende i polmoni e i bronchi più vulnerabili, danneggia i tessuti e indebolisce il sistema immunitario.

Giulia Veronesi

Spiega Giulia Veronesi: «Il fumo di sigaretta, o più precisamente le sostanze contenute in esso, altera e danneggia il meccanismo naturale dei polmoni. A lungo andare, il tessuto cambia completamente: si perdono le cellule ciliate e questo fa sì che il muco ristagni, favorendo lo sviluppo di infezioni di vario genere e malattie respiratorie.  L’organismo tenta di sopperire a questa mancanza con lo stimolo della tosse, che spesso e volentieri diventa cronica. Il fumo di sigaretta, inoltre, esercita un’azione dannosa anche a livello polmonare, provocando uno stato di infiammazione cronica nelle vie aeree che finisce per “addormentare” le cellule del sistema immunitario, agendo da immunosoppressore. Tutto questo - prosegue Veronesi -  porta all’insorgenza di malattie respiratorie come la broncopneumopatia cronica ostruttiva e favorisce il rischio di infezioni con gravi conseguenze». Recenti studi - come il lavoro appena pubblicato sull’European Respiratory Journal – suggeriscono che i fumatori presentino livelli più alti della molecola ACE-2, il recettore che sappiamo essere il punto di accesso del nuovo coronavirus nelle cellule dei nostri polmoni. «Anche se bisogna attendere di avere maggiori dati epidemiologici in merito - conclude la professoressa Veronesi -, credo che i fumatori dovrebbero essere particolarmente attenti, perché sono a maggiore rischio, se non di contrarre l’infezione, certamente di avere un decorso meno favorevole della malattia COVID-19». Perché, allora, non prendere la decisione di smettere?

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