Coronavirus

L'ottimismo del primario Rizzi: «A Bergamo non ci sarà una seconda ondata: il peggio è alle spalle»

«Tanti bergamaschi sono ormai immuni, il Covid ha perso la sua aggressività e ora sappiamo come curare la malattia». Dal 1 giugno nessun ricovero

L'ottimismo del primario Rizzi: «A Bergamo non ci sarà una seconda ondata: il peggio è alle spalle»
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di Paolo Aresi

«No, un attacco come quello che abbiamo vissuto nel marzo di quest’anno non lo avremo più, di questo possiamo essere sicuri. Per diverse ragioni, a cominciare dal fatto che in Bergamasca ci sono ormai tante persone immuni, che il virus ha perso buona parte della sua aggressività, e dal fatto che oggi siamo in grado di curare la malattia assai meglio di tre mesi fa. Nella Bergamasca il peggio è sicuramente alle spalle». Il dottor Marco Rizzi è primario all’ospedale Papa Giovanni, per la precisione è direttore dell’Unità malattie infettive. Il coronavirus è il suo pane. Il messaggio del medico è rassicurante: non ci sarà una nuova grande epidemia in autunno. Ma non soltanto.

Dottore, i bollettini ufficiali continuano a parlare di decine di nuovi casi e di decessi. Quindi il virus continua a colpire, anche da noi, in Lombardia.

«I numeri sono importanti, ma bisogna anche avere delle chiavi di lettura, altrimenti non si comprende la realtà. È vero che ogni giorno si parla di nuovi contagi, ma bisogna considerare che in questo periodo si stanno facendo migliaia e migliaia di tamponi, mentre fino a un mese fa se ne facevano pochi. Quindi la percentuale di contagiati è molto bassa. Inoltre bisogna considerare che tutti queste persone che sono positive al coronavirus, in realtà non sono ammalate».

In che senso non sono ammalate?

«Non è più come due mesi fa, oggi il coronavirus responsabile dell’epidemia non è più aggressivo: queste persone risultano positive, ma stanno bene».

Scusi, ma ogni giorno leggiamo anche di decessi.

«Si tratta di pazienti che hanno contratto il virus due o tre mesi fa e che hanno lottato a lungo, ma non ce l’hanno fatta».

Quindi al momento attuale la malattia è scomparsa?

«Le posso dire con certezza che dal primo di giugno a oggi all’ospedale Papa Giovanni di Bergamo non c’è stato più alcun ricovero causato da coronavirus. Poi succede che magari qualcuno venga ricoverato per un infarto e che risulti positivo al coronavirus, ma non è questa la causa del ricovero. La stessa Organizzazione mondiale della sanità ha comunicato che chi viene trovato positivo in questo periodo dopo dodici giorni di quarantena può essere considerato guarito».

E quindi, a questo punto, liberi tutti?

«Con calma. Siamo arrivati a questo risultato anche grazie alla prudenza, e prudenti dobbiamo restare».

Nella pratica che cosa significa?

«Significa evitare gli assembramenti, specie negli spazi chiusi. Ecco, questo è molto importante. Secondo: lavarsi di continuo le mani, disinfettarle. Terzo, tenere la mascherina quando ci si trova in luoghi affollati. Questa epidemia dovrebbe averci insegnato l’importanza di certe attenzioni, del rispetto di alcune norme igieniche».

Ma possiamo andare in vacanza?

«Sì, con tranquillità. Possiamo essere cautamente ottimisti, le cose stanno andando molto meglio. Come dicevo: quello che è successo a marzo, in Bergamasca non si ripeterà. Nel resto d’Italia o del mondo il discorso è differente: luoghi che non sono stati toccati dall’epidemia potrebbe essere ancora vulnerabili».

Le misure restrittive dal 4 di maggio in poi, fine del lockdown, sono andate via via diminuendo.

«Quando si prende un provvedimento bisogna poi aspettare per vederne l’esito. Questo è accaduto quando si sono prese le misure restrittive: abbiamo dovuto aspettare quindici giorni per vedere se la curva dei contagi rallentava. Lo stesso succede quando queste misure vengono eliminate: bisogna sempre attendere per il tempo che serve al virus per manifestarsi. Ora, un mese e mezzo dopo la fine della quarantena, possiamo dire che la situazione continua a migliorare e che quindi possiamo proseguire nel percorso di ritorno alla normalità».

Come lo vede il prossimo futuro?

«L’evoluzione sarà ancora graduale, ma io penso che a metà settembre potremo essere in condizione migliore di oggi. Se andiamo indietro di un mese, sembra improbabile che gli studenti potessero sostenere l’esame di maturità in presenza fisica, invece lo stiamo facendo. Ribadisco che sarà importante comunque essere attenti alle norme igieniche, ma sono norme che valgono anche al di là del Coronavirus».

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