La fiducia sul maxi-emendamento

Cosa prevede la nuova legge Cirinnà

Cosa prevede la nuova legge Cirinnà
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Nel tardo pomeriggio di oggi, giovedì 25 febbraio, il Senato ha votato finalmente sul ddl Cirinnà. O meglio, ha scelto la fiducia al Governo sul maxi emendamento presentato in sostituzione del ddl Cirinnà. Alla fine i voti favorevoli sono stati 173, 71 i contrari: appena prima della chiama, il Movimento 5 Stelle ha lasciato l'Aula in segno di protesta. La scelta da parte del Governo è contestualmente sia tecnica che politica: in primo luogo, infatti, porre la fiducia sul maxi emendamento ha permesso di saltare in toto la discussione e la relativa votazione sui singoli emendamenti che erano stati presentati nelle scorse settimane; in secondo luogo, questa è l'unica soluzione che, a quanto pare, poteva garantire alla legge sulle unioni civili di giungere alla propria approvazione. Per quanto il nuovo testo sia radicalmente differente rispetto a solo 24 ore fa.

 

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Via la stepchild adoption. Come ampiamente previsto nei giorni scorsi, il Governo ha deciso di presentare un maxi emendamento interamente sostitutivo del ddl Cirinnà che potesse attirare un sufficiente numero di senatori perché la legge passi. E avendo scelto di contare sull'appoggio dell'alleato di governo, Ncd, il primo articolo del ddl che è stato interamente stralciato è stato ovviamente il numero 5, ovvero quello relativo alla stepchild adoption, la possibilità per una coppia omosessuale di adottare il figlio di uno dei due partner. La disciplina delle unioni civili in Italia, dunque, non regolerà la possibilità per una coppia gay di avere un bambino. Per il resto, il testo del ddl è praticamente identico rispetto a quello originario, eccezion fatta per l'eliminazione del cosiddetto “obbligo di fedeltà”. La proposta di stralciare anche questo aspetto dalla legge è arrivata da Ncd, benché godendo dell'appoggio anche di diversi senatori del Pd, e l'intento è quello di limitare il più possibile l'equiparazione fra matrimonio etero e omosessuale.

 

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Tolto l'obbligo di fedeltà. Nello specifico, il testo originale del Cirinnà, all'articolo 3, recitava: «Con la costituzione dell'unione civile tra persone dello stesso sesso le parti acquistano gli stessi diritti e assumono i medesimi doveri; dall'unione civile deriva l'obbligo reciproco alla fedeltà, all'assistenza morale e materiale e alla coabitazione. Entrambe le parti sono tenute, ciascuna in relazione alle proprie sostanze e alla propria capacità di lavoro professionale e casalingo, a contribuire ai bisogni comuni». Ebbene, tutta questa parte è stata eliminata, affinché vengano meno una serie di doveri che caratterizzano il matrimonio tradizionale e che non saranno dunque, in caso di approvazione del ddl (pressoché certa), propri anche delle unioni civili. Con “fedeltà”, infatti, non si intende solamente l'astensione da rapporti extraconiugali, ma, secondo una pronuncia della Corte di Cassazione italiana del 2008, «sacrificare gli interessi e le scelte individuali di ciascun coniuge che si rivelino in conflitto con gli impegni e le prospettive della vita comune. In questo quadro l'infedeltà affettiva diventa componente di una fedeltà più ampia che si traduce nella capacità di sacrificare le proprie scelte personali a quelle imposte dal legame di coppia e dal sodalizio che su di esso si fonda». Verrebbero ricompresi dunque, all'interno del concetto di “fedeltà”, anche ad esempio, l'assistenza morale e materiale.

 

E' SCONTRO SU NUOVO TESTO UNIONI CIVILI

 

Come si è arrivati al maxi emendamento. Come noto, la scorsa settimana la discussione e la votazione sul ddl Cirinnà era stata rinviata poiché il M5S si era rifiutato, con un colpo di scena, di votare il cosiddetto “supercanguro”, che avrebbe tagliato in tronco la maggior parte degli emendamenti presentati al ddl. La decisione dei 5 Stelle portò il Senato, appunto, a rinviare il tutto, poiché la situazione richiedeva una nuova scelta di strategia politica (tutto, infatti, giocava e gioca sul sottile filo del numero dei senatori). La palla è passata, in particolare, al Pd, in quanto gruppo più corposo del Senato nonché, naturalmente, partito di governo. Le possibilità erano due: proseguire comunque sulla via parlamentare, aprendo la discussione e la votazione su ogni singolo emendamento (cosa che, però, oltre a richiedere tempi indefiniti, esponeva il ddl ad un eccessivo rischio); oppure trovare un accordo con un'altra forza parlamentare in modo da presentare al Senato un provvedimento che possa garantirsi l'appoggio di un adeguato numero di senatori. Si è detto, dunque, che la scelta è stata la più naturale, ovvero l'alleato di governo, Ncd. Che, tutto sommato, può essere considerato uno dei pochi vincitori di questa partita, dal momento che è riuscito ad ottenere lo scopo principale della propria battaglia, ovvero lo stralcio dell'articolo 5 e della stepchild adoption.

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