Crespi d’Adda, cittadinanza divisa Le ragioni del "sì" e quelle del "no"
Nel gennaio 2015 la business company Percassi e il Comune di Capriate San Gervasio siglavano un protocollo d’intesa circa il rilancio di Crespi d’Adda, il villaggio industriale inserito nella lista dei luoghi Patrimonio dell’umanità dell’Unesco negli anni '90. Un progetto incentrato principalmente sulla vecchia fabbrica tessile, la quale, nei piani dell’imprenditore bergamasco, diventerebbe la sede centrale del suo gruppo, con circa 500 persone che ogni giorno si muoverebbero in direzione di Crespi per gestire le attività. Nel documento si parlava di spazi produttivi, direzionali, commerciali e culturali, con il privato che ha già investito una cifra vicina ai 6 milioni di euro nel progetto. L'accordo sembrava in dirittura d’arrivo, ma a fine 2015 è arrivata la brusca frenata: al centro del dibattito tra la Odissea Srl (società facente parte della business company) e l’Amministrazione di Capriate, gli oneri di urbanizzazione richiesti da Valeria Radaelli, sindaco. Richieste definite dal gruppo imprenditoriale «antieconomiche e non finanziabili». Non solo: a dividere le parti anche il progetto di un nuovo parcheggio da 400 posti e 30mila metri quadrati di superficie per accogliere i lavoratori del gruppo e ipoteticamente situato nell'area ex-orti, in buona parte boschiva.
Il muro contro muro. Da quel momento le parti si sono bloccate, dando vita a un muro contro muro che non ha smosso di un millimetro la situazione. Data l’importanza del progetto, però, hanno deciso di scendere in campo le istituzioni, con Provincia e Regione che si sono proposte come mediatrici. E così, a inizio marzo 2016, la business company Percassi e l’Amministrazione di Capriate sono tornate a sedersi attorno a un tavolo, affiancate dal numero uno di via Tasso, Matteo Rossi, e dall’assessore regionale all’Ambiente, Claudia Terzi. Tra parole, dichiarazioni e scontri, l’obiettivo dichiarato è smussare gli angoli delle posizioni delle due parti. Arrivare a un accordo, del resto, è fondamentale se si vuole ridare slancio a un vero e proprio gioiello lombardo. I soldi di Percassi, in tal senso, sono l’ultima spiaggia per salvare Crespi dall’abbandono, oltre che per mantenere il prezioso titolo di luogo Patrimonio Unesco. La vera questione è quindi capire quale sia il prezzo da pagare per raggiungere questo obbiettivo.
L'erede del fondatore: colpa del sindaco. A saperlo non sono soltanto gli enti seduti attorno al tavolo della trattativa, ma anche i residenti di Crespi d’Adda. Non è un caso che a gennaio, a prendere in mano carta e penna per chiedere chiarezza sulla trattativa, fu Maria Grazia Crespi Asquer di Flumini, classe 1928 e pronipote diretta del fondatore del villaggio operaio. La quale si schierò senza mezzi termini con Antonio Percassi, che «è venuto a trovarmi qualche anno fa. Mi aspettavo un milionario pieno di sé, invece era stata una visita molto piacevole: mi ha fatto molte domande sulla storia del villaggio, si è offerto di acquistare i cimeli di famiglia per il museo che intendeva aprire, e anche di restaurare il mausoleo». Gli investimenti promessi dall’imprenditore per rilanciare il villaggio, a parere della donna, sarebbero «la realizzazione di un sogno», bloccato soltanto dalla «ingordigia insaziabile» del sindaco di Capriate, Valeria Radaelli, che «non contenta dei 14 milioni già concordati quali oneri di urbanizzazione, avrebbe di continuo giocato al rialzo della posta in gioco, mettendo in atto una campagna ostruzionistica di pastoie burocratiche». A parere dell’erede del fondatore di Crespi, la rottura delle trattative sarebbe «un autentico disastro. Vorremmo che il Comune chiarisse in modo onesto ed esauriente l’accaduto e che le autorità non distogliessero la loro attenzione da un fatto dalle conseguenze tanto gravi: la consegna alla disintegrazione di una testimonianza primaria di progresso e civiltà». Appello poi raccolto da Provincia e Regione.
[Il ministro Franceschini in visita a Crespi d'Adda]
150 firme a favore dell'accordo. A distanza di due mesi da quell’accorato appello, a rivolgersi nuovamente all’Amministrazione locale chiedendole di ammorbidire le proprie posizioni per il bene di Crespi, sono stati circa 150 residenti del villaggio, che sabato 12 marzo hanno recapitato in Comune una lettera nella quale si chiede di fare ripartire al più presto le trattative del progetto di riqualificazione del Patrimonio Unesco. Ecco il testo della lettera:
«Egregio Signor Sindaco, siamo con la presente a scriverle per esprimere la nostra sentita preoccupazione per quanto apprendiamo dai quotidiani circa lo svolgimento delle trattative per la riqualificazione dello stabilimento che fu, una volta, il Cotonificio Benigno Crespi.
È con viva apprensione che leggiamo di “distanze tra le parti” o della nascita di “comitati contro” che potrebbero condurre ad un “possibile abbandono del progetto”. Mossi da questa inquietudine, vorremmo far sentire la nostra voce, quella di persone che a Crespi d’Adda vivono, o perché ci sono nate, o perché ci sono cresciute, perché ci sono finite a viverci, e che, comunque, conoscono questo luogo fin dai tempi in cui la fabbrica ne era ancora il baricentro assoluto. E ciò per evitare che si confonda la popolazione crespese con il manipolo di velleitari contestatori che si fanno paladini del proprio quieto vivere e per chiarire la nostra posizione riguardo come ci immaginiamo il futuro di questo luogo sottraendoci a qualsiasi fraintendimento, strumentalizzazione e mistificazione.
È nostra convinzione che l’intenzione di rivitalizzare il complesso industriale crespese da parte del Gruppo Percassi, sia una occasione più unica che rara per la nostra città. Si tratta di un evento che attendiamo da tanto, tanto tempo. È, infatti, dal lontano 22 dicembre 2003 che, questo gigantesco e meraviglioso monumento alla fatica operaia e all’illuminata imprenditoria lombarda dell’Ottocento, è alla ricerca di un futuro diverso da quello di una lenta, malinconica ed inesorabile agonia. Oggi vediamo affacciarsi un nuovo soggetto imprenditoriale che avrebbe tutte le potenzialità di “rifondare” il nostro villaggio e a quest’ultimo non possiamo che augurare la miglior fortuna per l’impresa che lo aspetta, nella speranza che anche lui trovi quella sensibilità che è necessaria a rinvigorire il genius loci di questo luogo come seppe fare, 138 anni fa, l’illuminato fondatore Cristoforo Benigno, coniugando lavoro e società.
Crespi d’Adda, infatti, fu fondata dal lavoro, più che sul lavoro: senza di esso, senza un forte progetto socioeconomico che riesca a coinvolgere di nuovo la comunità speciale di un luogo così speciale, rischia di perdere il suo significato fondante condannandolo a diventare soltanto un quieto e grazioso complesso di abitazioni. È molto cambiato, da allora, il modo di intendere il lavoro e lo stesso modo di lavorare ma quello che ci piacerebbe vedere a Crespi d’Adda è una fabbrica viva e produttiva, un luogo dove le persone e le idee si incontrino per generare progetti e innovazione, un motore che possa riavviare anche la macchina abitativa di questo villaggio e che, a quest’ultimo, possa portare nuova linfa vitale. Riteniamo questa la assoluta priorità su cui basare la discussione ed il suo metro di giudizio. Non ci si fermi davanti alla paura di un cambiamento che sarà comunque imprescindibile.
Per questo Vi chiediamo che si intavoli con l’impresa privata un rapporto di strettissima collaborazione, basato su di un dialogo onesto e costruttivo, che si fondi sulla comprensione dei rispettivi ruoli e delle reciproche esigenze, sotto la guida di una integrità morale e accompagnati al fianco da una serie di innumerevoli e specifiche competenze, reclutate in funzione della importanza del luogo e del calibro dell’intervento.
Non vi è dubbio alcuno che vi siate adoperati in ogni modo per gestire il progetto con attenzione, comprensione, buona volontà e integrità ma vorremmo che il cardine centrale della discussione verta sulla necessità di garantire ad un luogo, che definiamo solennemente “Patrimonio dell’Umanità”, un futuro all’altezza della sua gloriosa storia, senza che siano il denaro, un parcheggio, la viabilità, tutti aspetti importantissimi e che è giusto non sottovalutare, a indicarci la direzione ma valori più alti a determinare la strada verso quale dovrà essere costruito il nostro domani. Lo conosciamo tutti il detto: “l’operazione è riuscita perfettamente ma il paziente è morto”. Ecco, invitiamo tutti a pensare prima al paziente che all’operazione, tenendo a mente sempre che Crespi d’Adda non è soltanto un isolato quartiere residenziale ma è un villaggio ideale del lavoro che, in assenza di quest’ultimo e delle energie propulsive che esso emana, diviene soltanto un monumento funebre alla sua memoria ed un Patrimonio dell’Umanità su cui posare fiori»
La risposta del comitato "No Parking". Non solo un invito a Valeria Radaelli, dunque, ma anche parole dure contro coloro che a questa trattativa si oppongono, o comunque si oppongono a un accordo che lasci carta bianca a Percassi. Nello specifico il riferimento è al neonato comitato “No Parking”, espressione di quella fetta di popolazione che si è schierata contro la costruzione del parcheggio da 400 posti auto in zona ex-orti. Un attacco che non è andato giù al comitato, che non ci sta ad essere definito un manipolo di «velleitari contestatori» e che lo stesso 12 marzo e i giorni successivi, attraverso la propria pagina Facebook e alcune dichiarazioni rilasciate a Bergamonews, hanno ribattuto alle accuse, definendole «un’azione mediatica sincronizzata per mettere pressione all’Amministrazione Comunale e agli Enti seduti al tavolo delle trattative affinché accettino le richieste dell’operatore quale ultima spiaggia per il futuro della fabbrica». Dal comitato fanno sapere di non essere affatto contrari al progetto di rilancio della fabbrica e del villaggio, a patto che si prendano in considerazione le conseguenze viabilistiche e di compatibilità con l’attuale struttura del villaggio. Problematiche che, sempre secondo “No Parking”, «l’operatore vuole in parte risolvere convertendo una porzione di bosco in zona ex-orti a parcheggio (sono 450 i posti auto stimati per ora all’interno di un’area di 30mila metri quadrati) ed in parte scaricando la patata bollente all’Amministrazione Comunale».
Proprio per fare chiarezza sullo stato delle trattative, il comitato ha «chiesto un incontro al nostro Sindaco affinché possa aggiornarci in merito allo stato ed alla forma delle negoziazioni in corso, rimaniamo in fiduciosa attesa di una data confermata», precisando poi che «da parte nostra possiamo solo ribadire di non essere mossi da celati interessi particolari, di essere sempre disponibili ad un dibattito limpido e trasparente e soprattutto che siamo a favore del rinnovamento del villaggio a patto che ne venga preservata la sua unicità ed eco-sostenibilità, nostra vera insostituibile risorsa. SI AL RILANCIO DELLA FABBRICA, NO AL PARCHEGGIO ED INVASIONE DI MIGLIAIA DI AUTO!».