L'indagine

Crollo del commercio. Il 28 per cento non sa se riaprirà

Uno studio di Confcommercio rileva come gli incassi siano crollati del 50 per cento e molti temono di non farcela. I costi fissi sono troppo elevati e le aspettative sono meno del previsto.

Crollo del commercio. Il 28 per cento non sa se riaprirà
Pubblicato:
Aggiornato:

Il commercio è in caduta libera. Basta passeggiare su uno dei lungolago del Sebino per accorgersene. Alcuni locali non sono stati riaperti. Quelli aperti hanno dovuto dimezzare la loro capienza, inoltre i tavolini, che prima avevano quattro sedie, ora li vedi solo con due. E non va meglio nemmeno per i ristoranti. In Valle Cavallina c’è chi in questi tre mesi di inattività ha dovuto sborsare qualcosa come trentamila euro per pagare i fornitori (senza riuscire a pagare l’affitto del locale) ottenendo in cambio dallo Stato soltanto i 600 euro. Confcommercio e Swg hanno commissionato uno studio di settore per capire come si è ripartiti. Il periodo di rilevazione interessato si è diviso sulle due settimane: quella della prima riapertura 19-21 maggio e l’ultima settimana del mese (26-28 maggio). Dalle interviste realizzate si ricava che delle quasi 800 mila imprese del commercio e dei servizi di mercato in Italia, dopo due settimane, ha riaperto l’attività l’82%. Di queste il 94% delle attività riguarda abbigliamento e calzature, l’86% altre attività del commercio e dei servizi e solo il 73% riguarda bar e ristoranti, a conferma delle gravi difficoltà delle imprese attive nei consumi fuori casa. Tra le misure di sostegno ottenute, il 44% delle imprese ha beneficiato di indennizzi, come il bonus di 600 euro, ma è ancora estremamente bassa la quota di chi ha fruito della cassa integrazione (17%) oppure ottenuto prestiti garantiti (8%). Un terzo delle imprese che hanno riaperto stima una perdita di ricavi oltre il 70%, mentre per il 28% rimane elevato il rischio di chiudere definitivamente a causa delle difficili condizioni di mercato, dell’eccesso di tasse e burocrazia, della carenza di liquidità.


Un segnale negativo arriva da quel 18% delle imprese che potevano riaprire e non l’ha fatto; questa percentuale sale al 27% nell’area bar e ristoranti. Il 68% del campione di imprenditori dichiara che i ricavi sono stati inferiori alle aspettative, (e che già si aspettavano più bassi). La stima delle perdite di ricavo rispetto ai periodi pre-Covid per oltre il 60% del campione è superiore al 50%, con un’accentuazione dei giudizi negativi nell’area dei bar e della ristorazione. Ma se nella prima settimana solo il 6% degli intervistati indicava un’elevata probabilità di chiusura dell’azienda, nella seconda ondata di interviste, a fronte di un ragionamento più articolato, il 28% degli intervistati afferma che, in assenza di un miglioramento delle attuali condizioni di business, valuterà la definitiva chiusura dell’azienda nei prossimi mesi. I titolari temono che nel prossimo futuro si dovrà comunque richiedere un prestito (50% del campione), e che non si sarà in grado di pagare i fornitori (40%) né di sostenere le spese fisse (43%). Sotto il profilo macroeconomico il PIL del mese di maggio dovrebbe risultare in crescita di circa il 10% rispetto ad aprile (Congiuntura Confcommercio, maggio 2020). Tuttavia, per molte imprese, concentrate in pochi settori a cominciare dalla filiera turistica, le sfide per la sopravvivenza si combatteranno nei prossimi mesi.

Seguici sui nostri canali