Come resistere al male

Il cuore di Londra: we are not afraid

Il cuore di Londra: we are not afraid
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Londra, ore 16 del 22 marzo. Una normale giornata, con tempo inquieto, tra spruzzi di pioggia fredda, e squarci di tiepido sole. In una città in cui contemporaneamente accadono miliardi di cose in quel momento ne accade una che spacca la normalità. A poche centinaia di metri da dove siamo, un uomo con il suo suv ha travolto decine di persone, schiantato la macchina contro le cancellate di Westminster e poi, coltello alla mano, ha colpito a morte un poliziotto di guardia. La notizia arriva in pochi istanti. Intorno a noi le persone iniziano a controllare gli smartphone per capire esattamente cos’è accaduto. Iniziano a rincorrersi le voci, ma in na manciata di minuti l’attentato prende le dimensioni che poi saranno quelle del bilancio finale. Iniziano a volare gli elicotteri su quella fetta del cielo di Londra, che nel frattempo si è di nuovo fatto cupo.

 

 

Ma quello che colpisce è la capacità di controllo delle persone. Nessuno si scompone, nessuno cambia strada rispetto al programma della propria giornata, tolto il fatto che da quella zona non si passa e quindi bisogna metterlo in conto. Quello che per tutti i media del mondo diventa una breaknews che sconvolge i palinsesti, per i londinesi di tutte le razze e di tutte le etnie è come un qualcosa di messo sul conto: sanno di vivere in una città che, proprio per essere un centro del mondo, è sempre messa nel mirino. Non è rassegnazione, non è neanche abitudine a questo tipo di episodi, in una metropoli di 10milioni di persone che macina novità e notizie ad ogni istante. Piuttosto sembra che la gente a Londra abbia a suo modo battuto in partenza il terrorismo nel relativizzarlo. Nel non permettergli di interrompere la routine regolare della vita.

 

 

Fuori, lungo il Tamigi, il traffico è intenso ma senza intoppi. Le autorità intanto hanno fatto scattare il programma messo a punto per questo tipo di emergenze e che prevede anche il monitoraggio della metropolitana. Una linea che passa nella zona interessata viene chiusa. Le altre riprendono presto a correre. Sulla banchino della stazione di Pimlico sono bastati dieci minuti di stop alle corse per vedere affollarsi tantissima gente: una situazione che potrebbe essere vissuta con una certa giustificata paura. Ma gli altoparlanti spiegano che tutto è sotto controllo, riassumono in sintesi quello che è accaduto. Raccomandano di non farsi prendere dal panico. La tecnica è quello di non nascondere niente: il far sapere con chiarezza trasmette tranquillità alle persone. E così è. Il monitor annuncia l’arrivo del treno in due minuti, che si allungano senza che nessuno lasci la banchina né inizi ad innervosirsi per la paura. Di minuti ne passano quasi una decina. L’altoparlante spiega sempre i motivi del ritardo.

 

 

Poche delle persone intorno a noi parlano dell’accaduto. C’è chi studia l’itinerario per saltare la linea che è stata chiusa. Sentiamo qualche scambio di battute sul programma per la serata. C’è anche lo spazio psicologico per sorridere di un episodio accaduto nella giornata. Quando arriva il treno nessuno si fa prendere dalla frenesia. Perché è stato annunciato che altri due treni seguono a ruota. E in pochi minuti la banchina torna all'assoluta normalità. La sensazione del viaggiatore è che questa Londra che continua a vivere con freddezza e senza scompaginarsi sia un bello smacco per gli strateghi del terrorismo.

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