Alla rivista Voetbal International

De Roon, animo da sindacalista «È incredibile quanto guadagno»

De Roon, animo da sindacalista «È incredibile quanto guadagno»
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Non ci è voluto molto perché Marten de Roon conquistasse il cuore di noi bergamaschi. Ragazzo dallo sguardo pulito e i modi garbati, in campo ci mette sempre il cuore. Arrivato all'Atalanta nell'anonimato quasi totale nell'estate del 2015, gli son bastate poche partite e tanto senso della posizione per diventare un beniamino nerazzurro. Ma giusto per un anno, perché a fine stagione il Middlesbrough s'è presentato dai Percassi con un assegno da circa 15 milioni di euro per assicurarsi le prestazioni del centrocampista olandese. Troppi per dire di no. E de Roon, nonostante il bellissimo rapporto instaurato con Bergamo e i tifosi atalantini, non se l'è sentita di negarsi l'occasione di giocare nel campionato che, oggi, è considerato il migliore al mondo, la Premier League.

 

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A distanza di sei mesi dalla sua partenza, sia l'Atalanta che de Roon se la passano bene: la prima vola in alta quota sulle ali di prestazioni pazzesche, il secondo è diventato un punto fisso della formazione allenata da Karanka e ha collezionato 17 presenze e 2 gol nella prima parte di stagione. Ma, come dicevamo, Marten è un ragazzo semplice. Uno che sa che nella vita, di solito, per raggiungere certi traguardi bisogna sgobbare. Sì, ok, lui fatica in campo, ci mette l'anima, ma sarà mica un lavoro duro tirare i calci a un pallone, no? Per questo motivo, le dichiarazioni che il centrocampista di Zwijndrecht ha rilasciato alla rivista calcistica olandese Voetbal International hanno lasciato a bocca aperta soprattutto quelli che non hanno avuto la fortuna di conoscerlo.

De Roon, parlando di come sia cambiato il mondo del calcio negli ultimi anni, travolto dal business e dalla globalizzazione, ha detto: «La prima volta che ho visto il mio nuovo salario qui in Premier sono rimasto scioccato. Ovviamente uno lo sa, ha siglato un contratto, ma quando poi vedi tutti quei soldi in banca ti poni delle domande, pensi a tutte le persone che guadagnano molto di meno, a quello che potrebbero fare con questi soldi. Ne ho parlato anche con mia mamma e mio papà. Il secondo non è rimasto sorpreso, perché è il direttore di una scuola, ma la prima, che fa la fisioterapista per gli anziani, mi ha detto che tutto questo non era giusto».

 

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Altro che medianaccio, un sindacalista pare oggi Marten. Si scherza, naturalmente. Perché poi anche lui ammette che «non bisogna essere ingenui». Il calcio, ormai, è questo: soldi, soprattutto. Tipo Tevez in Cina a prendere 38 milioni di euro netti all'anno per due stagioni e un Mondiale a 48 squadre giusto per incassare un po' di più in termini di diritti televisivi e merchandising. Immorale, forse. Poco etico, probabilmente. Ma è la realtà, quella in cui anche de Roon vive. E gli fa onore che, a differenza di molti suoi colleghi, abbia almeno l'onestà di ammettere che pure a lui tutto questo sembra un po' folle. Non è l'unico, però. Lo aveva già fatto Juan Mata, trequartista del Manchester United, che in un'altra intervista aveva affermato: «Rispetto al resto della società guadagniamo delle cifre oscene. Sono numeri folli rispetto al 99,9 per cento della popolazione. Io adoro giocare a calcio, ma ormai il lato del business mi fa pensare che i proprietari siano molto più importanti dei tifosi. E i giovani calciatori si credono delle rockstar, indossano abiti stravaganti e guidano macchine veloci». De Roon, che comunque giovane lo è (è nato nel 1991), non è così. «D'altronde credo che il mio stipendio sia uno dei più bassi di tutta la Premier League» ha infatti precisato a Voetbal International. Basso, ma comunque abbastanza alto per farlo sentire un po' in colpa. Anche per questo ti vogliamo bene, Marten.

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