Qualche ragione per essere felici

Declinismo, la malattia del secolo Una specie raffinata di pessimismo

Declinismo, la malattia del secolo Una specie raffinata di pessimismo
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Secondo un sondaggio condotto da YouGov, una società che si occupa di ricerche di mercato, in Gran Bretagna il 71 percento della popolazione intervistata crede che le cose nel mondo vadano sempre peggio, mentre solamente il 5 percento nutre speranza in un futuro migliore. Un’ulteriore ricerca della City University di Londra ha spiegato che non sono necessariamente eventi tristi o negativi a farci credere che il futuro non sia dei più rosei, ma semplicemente un atteggiamento umano consapevolmente scelto. Questo modus vivendi avrebbe anche un nome, non molto comune, e che la carta stampata indica come declinismo.

Da definizione Treccani, per declinismo si intende «un atteggiamento critico che tende a far risaltare, talora accentuandoli o volutamente esagerandoli (al fine di sottolineare i rischi di un inarrestabile declino), gli aspetti più macroscopici della crisi economica, politica, istituzionale, ecc., che investe un determinato Paese». In sostanza, si tratta di una visione pessimistica della vita, alimentata dall’impressione che il futuro non riservi alcuna nota positiva. La ricerca condotta in Gran Bretagna per molti è specchio di una situazione che comunque tocca ogni parte del mondo.

 

 

Le cause.  È vero che la crisi economica colpisce l’intero mondo da diversi anni, senza che ancor oggi ci siano garanzie o date plausibili che indichino i titoli di coda di questa brutta storia. Vero anche che il 2015 è iniziato con un terribile attentato alla redazione satirica di Charlie Hebdo e che tutta Europa trema davanti al pericolo di nuovi stragi. E poi l’Isis, e tutte le altre guerre. Ma, come già detto, non sono tanto delle cause esterne a determinare quel senso di pessimismo verso il futuro, quanto piuttosto un atteggiamento d’animo che a un certo punto insorge, divenendo inevitabile.

Secondo la ricerca inglese, le cause di questo fenomeno sono diverse e sostanzialmente tre. La prima sarebbe la tendenza psicologica a romanticizzare la propria gioventù, facendoci apparire il passato più roseo del presente. Inoltre molti studiosi sostengono che quando si chiede a qualcuno di ricordare gli avvenimenti della propria vita, la maggior parte delle persone ricordano meglio fatti e situazioni che risalgono a quando avevano tra i 10 e i 30 anni. Insomma ricordando le parole di Lorenzo il magnifico: «Quant'è bella giovinezza, che si fugge tuttavia!». Il terzo e ultimo fattore consiste nel fatto che, invecchiando, si tende a ricordare meglio le esperienze positive piuttosto che quelle negative.

 

 

Qualche ragione per non essere declinisti.  A quanto direbbe la ricerca più volte citata sono tante le persone che soffrono di declinismo senza però accorgersi (e ricordarsi) di quanto in realtà la condizione umana continui a migliorare anno dopo anno: progressi medici, scientifici, tecnologici hanno decisamente fatto alzare di livello qualitativo della vita di ogni uomo. Per esempio, grazie al continuo sviluppo di software e piattaforme digitali siamo oggi in grado di comunicare da ogni parte del mondo in qualsiasi momento.

Seguono i continui studi medici sulle malattie più diffuse nel mondo oltre che lo sviluppo di nuove conoscenze e macchine in ambito scientifico. Inoltre, secondo alcune statistiche, negli ultimi cento anni la durata della vita media è raddoppiata, il Pil pro capite pure e la mortalità infantile è diminuita di dieci volte. Per non parlare dell’alfabetizzazione, che è passata dal 25 percento all’80 percento, e del fatto che il periodo in cui viviamo è quello con meno guerre e omicidi della storia umana. Insomma non c’è che dire, anche se tutto può non sembrare rose e fiori, in fondo in fondo non occorre disperarsi poi così tanto.

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