Dieci copertine del nostro settimanale di un anno che non dimenticheremo
Era cominciato come tanti altri, con grandi attese e l’Atalanta protagonista. Ma da marzo in poi, increduli, abbiamo assistito alla tragedia. Addio 2020
Che cosa abbiamo perso in questo anno? Migliaia di vite, una generazione di persone, soprattutto anziani, che in molti casi sapevano che cosa fosse la vita. Era una generazione importante che senza clamore faceva ancora un po’ da traino, soprattutto per quanto riguardava i valori fondamentali. Tanti padri, madri, nonni, nonne. Abbiamo scoperto con un certa sorpresa, guardando le biografie, che molti di loro erano attivi nel volontariato, anche questo un segno di come si interpreta il vivere in una società.
Ma possiamo anche dire che cosa abbiamo guadagnato in questo anno? Non è facile, ma è sempre necessario cercare in qualsiasi cosa un barlume di positività. In questo caso, di buono c’è che abbiamo riscoperto la fragilità nostra e il bisogno degli altri. Ci sentiamo un po’ meno padreterni e in qualche misura il Covid ci ha riportato al senso della realtà.
Le copertine presentano alcuni di quei momenti drammatici, come quando scoprimmo che i morti non erano poche centinaia ma migliaia. Non ci siamo limitati ai giorni del grande dolore, abbiamo anche annunciato con gioia la fine della prima fase dell’epidemia nel maggio scorso e poi ci siamo sforzati di osservare la realtà con lucidità attraverso i numeri e le parole degli esperti. Abbiamo insistito nel ribadire che la “seconda ondata” non avrebbe avuto nulla a che vedere come gravità, in Bergamasca, con la prima. Così è stato.
Adesso ci apriamo al nuovo anno con la speranza, motivata, di poter tornare in pochi mesi a una vita normale. Sarebbe eccezionale.