Diffamazione, cosa cambierà
Il Senato, giovedì 30 ottobre, ha approvato il disegno di legge sulla diffamazione, che riscrive una normativa cristallizzata da ormai più di sessant’anni. Il ddl tornerà ora alla Camera, per la convalida dei nuovi emendamenti, ma, a scanso di improbabili colpi di scena, il testo uscito da Palazzo Madama dovrebbe essere pressoché definitivo. Molte le novità, alcune accettate all’unanimità da ogni parte politica, altre invece che hanno fatto non poco discutere.
Via la detenzione per i giornalisti. La modifica più saliente, da tempo richiesta anche dall’Europa e condivisa da tutti i senatori in sede di votazione, prevede l’abolizione della misura carceraria in caso di diffamazione da parte di un giornalista o, in caso di impossibilità di identificazione, del direttore della testata. La detenzione verrà sostituita da ammende di 10mila euro; se l’offesa consiste nell’attribuzione di un fatto determinato falso, la cui diffusione sia avvenuta con la consapevolezza della sua falsità, la multa va dai 10 ai 50 mila euro. L’interdizione da uno a sei mesi dalla professione, con un emendamento approvato oggi in Senato, è prevista solo nei casi di recidiva reiterata.
Per quanto riguarda il risarcimento del danno, la quantificazione avverrà sulla base della diffusione della testata in questione, della gravità dell’offesa, e dell’effetto riparatore della rettifica; l’azione di risarcimento dovrà essere attuata entro due anni dalla pubblicazione. Una grande novità è rappresentata inoltre dal fatto che queste regole cominceranno a valere anche per quanto riguarda le testate giornalistiche online (testate registrate, naturalmente, non semplici blog).
L’obbligo di rettifica. La rettifica, se conforme a quanto prevede il testo, sarà valutata dal giudice come causa di non punibilità sia per il direttore responsabile sia per l’autore dell’offesa. Il direttore, o comunque il responsabile, deve pubblicare un’eventuale rettifica gratuitamente, entro due giorni dalla ricezione della richiesta, senza risposta, senza commento e senza introduzione di nessun tipo, e menzionando titolo, data e autore dell’articolo da rettificare.
L’obbligo di rettifica vale per quotidiani, periodici, agenzie di stampa, nonché per le testate giornalistiche online, che invieranno la rettifica agli utenti che hanno avuto accesso alla notizia cui si riferiscono. La rettifica non va pubblicata se hanno contenuto suscettibile di incriminazione penale o se le documentazioni relative sono false. È questo un meccanismo particolarmente rigido, che ha suscitato alcune perplessità, specie in relazione all’adeguatezza di questo mezzo per quanto riguarda i mezzi di informazione online, e in secondo luogo da un punto di vista della libertà opinione che, qualora anche fosse necessaria una rettifica, viene spogliata della possibilità di giustificare quanto scritto in prima battuta.
Le cosiddette “querele temerarie”. Le liti e le querele non basate su un reale caso di diffamazione ma poste in essere per un qualsivoglia altro motivo (su tutti, l’ottenimento di un facile risarcimento anche a fronte di una fattispecie non realmente inquadrabile come diffamazione) prevedranno, in caso il giudice rigetti la richiesta da parte del querelante, il pagamento di una somma equitativa (cioè stabilita dal magistrato senza rigidi parametri definiti) a carico di chi ha agito in giudizio in malafede o con colpa grave.
Diritto all’oblio. All’articolo 3 del ddl, compare per la prima volta in Italia il diritto all’oblio: l’interessato può chiedere l'eliminazione, dai siti internet e dai motori di ricerca, dei contenuti diffamatori o dei dati personali trattati in violazione di disposizioni di legge. In caso di morte dell'interessato, gli eredi possono esercitare lo stesso diritto. Questa nuova norma ha destato alcuni dubbi, specie rispetto al legame giuridico con il tema della diffamazione, ritenuto in questo caso inesistente e quindi non trattabile in un ddl del genere.