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Dimissioni a Natale, ma il premier l'ha presa bene (ecco perché)

Dimissioni a Natale, ma il premier l'ha presa bene (ecco perché)
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Per il governo Conte neanche il Natale è servito per garantirsi una giornata tranquilla. Il 25 dicembre, infatti, il premier ha dovuto incassare la lettera di dimissioni di Lorenzo Fioramonti, ministro dell’Istruzione. La motivazione è semplice: il ministro chiedeva una leggera revisione dell’Iva per poter avere a disposizione 2 o 3 miliardi da investire in scuola e università. La manovra approvata il 23 dicembre non conteneva nessuna misura in questa direzione, di qui la decisione di lasciare. Fioramonti dunque lascia, ma non rompe, in quanto ha garantito fedeltà al governo.

 

 

Il ministro aveva ragione a rivendicare più fondi. Ne sa qualcosa lo stesso Giuseppe Conte, che nel novembre scorso aveva presenziato all’apertura del Politecnico di Milano. In quell’occasione, era salito sul palco il rappresentante degli studenti, Alessio Rocca, 21 anni, che aveva esposto in modo molto lucido cosa comporti per l’università e per i giovani che la frequentano il mancato finanziamento. «Mancano i soldi e ogni anno migliaia di studenti non hanno la possibilità di ottenere una borsa di studio, pur essendo dichiarati idonei», ha detto Rocca davanti a Conte. «Gli ultimi dati del 2018 dicono che sono stati 7.500 gli studenti esclusi dall’accesso alle borse di studio nonostante soddisfacessero tutti i requisiti necessari».

Poi il rappresentante degli studenti ha anche dato la cifra necessaria per evitare che questa situazione si ripeta: «150 milioni di euro sono quelli che servono al fondo integrativo statale per garantire una borsa di studio a tutti gli studenti idonei». Esiste infatti una categoria strana in Italia: quella dello studente idoneo ma non beneficiario. Come se lo Stato dicesse a migliaia di ragazzi: sì, lo so che non ce la fai a studiare per mancanza di risorse familiari, ma io non so come aiutarti. In quell’occasione, Ferruccio Resta, il rettore, aveva sposato la linea del suo studente, dicendo davanti a Conte che «in verità in questo Paese stiamo progettando il passato». Poi lo stesso Resta aveva rinforzato la polemica con un’intervista al Corriere della Sera dicendo che «la manovra ha un segno negativo nel rapporto squilibrato tra le generazioni, a difesa delle fasce medio-alte, non pensata per il futuro dei nostri ragazzi».

 

 

Parole che erano state condivise dal ministro dimissionario e che hanno portato ora alle sue dimissioni. In realtà, la mossa di Fioramonti si inquadra anche in un quadro più complessivo che spiega perché lo steso Conte abbia incassato la lettera del suo ministro senza accennare resistenza. Il piano prevede la formazione di un nuovo gruppo politico a sostegno del governo con esponenti che si staccano dai Cinque Stelle e che formano un “partito del premier”. Fioramonti sarebbe chiamato a questo ruolo, per rafforzare il peso politico di Conte. Il quale, come il suo ministro dimissionario, fa capire di non aver digerito il conservatorismo dei partiti di governo che ha impedito il varo di una misura a favore della scuola e delle università. Vedremo presto se le cose andranno davvero in questa direzione: il gennaio che ci attende sarà un gennaio politicamente bollente…

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