Lo studio dei ricercatori inglesi

Dimmi che rapporto hai col cibo e ti dirò che dieta devi fare

Dimmi che rapporto hai col cibo e ti dirò che dieta devi fare
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Anche gli amanti del cibo extra non sono tutti uguali. E non si parla semplicemente di gusti più o meno graditi al palato, ma di vera e propria relazione amorosa alimentare. Che, come tale, ha una sua unicità dai tre possibili volti mangerecci: potrebbe essere infatti una relazione-dipendenza insaziabile, compulsiva o emozionale. Un’informazione non da poco: conoscere infatti il differente tête-à-tête che si instaura con il cibo, potrebbe aiutare a stabilire la migliore dieta, quindi quella con le più alte  probabilità di riuscita e che riporti ad un peso più accettabile, proprio perché impostata e pensata sulle caratteristiche della passione alimentare scaturita. A suggerirlo è uno studio inglese, dell'Università di Oxford e Cambridge, che ha classificato e analizzato le tre particolari dinamiche nutrizionali e le sue cure dietetiche.

Lo studio. Ai ricercatori inglesi sono bastate meno di un centinaio di persone, suddivise nei differenti gruppi alimentari, e l’analisi dei molteplici regimi dietetici disponibili, per giungere alla conclusione che ciò che rende una dieta di successo, ovvero che mantiene ciò che prospetta senza ipotizzare traguardi che hanno del fantasmagorico e con un risultato nel tempo (ammesso che dall’altra parte ci sia anche la buona volontà del mangiatore disposto a stare un po’ a stecchetto), non è solo la giusta combinazione degli alimenti o della quantità calorica. Senza nulla togliere a questo aspetto che resta (forse) il fondamentale, ogni regime dietetico dovrebbe essere strutturato su un equilibrio bilanciato tra ormoni, genetica e psicologia perché ognuno dei singoli elementi ha la sua importanza.

 

 

Rapporto insaziabile. Lo dice chiaramente l’aggettivo: è un atteggiamento verso il mangiare che porta continuamente a ingurgitare qualche cosa, senza mai sentirsi pieni. Lo stomaco insomma sembra un po’ il becco di un pellicano, sempre pronto a ricevere, ampio e senza fondo. È quanto avviene di norma in disturbi alimentari quali la bulimia, ad esempio, in cui il bisogno insaziabile di cibo non viene soddisfatto neppure dopo l’introduzione di una notevole quantità. Se ci si ritrova in questo profilo alimentare, l’indicazione dietetica secondo gli esperti dovrebbe prevedere molte proteine, come carne e pesce, e pochi carboidrati: i due, così associati sono utili a stimolare gli ormoni intestinali e il senso di sazietà.

Rapporto compulsivo. Il cibo è l’unico fatto a cui si pensa, in maniera costante. Un chiodo fisso, insomma, ma che conduce poi all’incapacità di ‘ascoltare la fame’ finendo con il non essere più in grado di mangiare in risposta ai reali bisogni fisici. Bensì molto, eccessivamente, di più. La soluzione inglese proposta, in questo secondo caso, è una dieta 5:2, fra quelle di più recente introduzione, nota anche come dieta fast. È un modello nutrizionale basato sul principio del cosiddetto digiuno intermittente: per 5 giorni alla settimana si mangia ciò che si desidera mentre negli altri 2 (da qui la denominazione dieta 5:2) si attua una drastica riduzione calorica, limitandone il consumo a una media di sole 800 calorie (all’incirca 500 kcal giornaliere per le donne e 600 kcal per gli uomini). Una sorta quindi di pseudo-digiuno o quasi-digiuno, piuttosto che di digiuno vero e proprio.

 

 

Rapporto emozionale. L’eating emozionale, anche detto "fame nervosa”, definisce un comportamento alimentare in cui il cibo viene utilizzato (anche in questo caso in grandi quantità) per far fronte a delle emozioni per lo più negative, quali situazioni di noia, di ansia, di rabbia o di depressione che si incontrano ogni giorno e che non si riescono a ben gestire. Emozioni che, di norma, vengono "scaricate" su cibi per lo più golosi, come cioccolata, biscotti o altre leccornie. Insomma, è una sorta di isolamento tra sé, ciò che si prova e la reale situazione vissuta: forte di questa componente psicologica (anche se quest’ultima è alla base dell’insorgenza di qualsiasi tipo di disturbo alimentare) il team di nutrizionisti inglesi sceglie una dieta stile weight watchers.

Nata a New York negli anni ‘60 ma diffusasi a poco a poco in tutto il globo, oltre alla correzione dello stile alimentare e di vita per imparare a stare meglio con la propria immagine corporea, questa dieta prevede anche l'iscrizione (a pagamento) ad un gruppo motivazionale ed educativo di supporto in uno dei tanti club della catena. Vale a dire che si punta a spostare il focus, in caso di un problema o stato emotivo disturbante, dall’istinto di gettarsi a capofitto sul cibo alla necessità di un supporto sociale. Quello che è dimenticato e sofferente.

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