Dipendente di una partecipata statale intascava mazzette al casello: indagata società bergamasca
Quattro persone agli arresti, in carcere o ai domiciliari, e sequestri per 450 mila euro. I soldi nascosti nelle scatole delle mascherine
I soldi erano stati nascosti sotto il lavello di un anonimo bagno d’ufficio, in scatole per mascherine chirurgiche. Ma il fiuto dei "cash dog" li hanno trovati. Così tre persone sono finite in carcere e una ai domiciliari. Circa 450mila euro in contanti sono stati sequestrati.
Operazione tra Brescia, Milano e Bergamo
È il bilancio dell’operazione portata a termine dal Nucleo di polizia economico finanziaria delle Fiamme gialle di Brescia, in collaborazione con lo Scico (Servizio centrale investigazione criminalità organizzata), nelle scorse ore. Sette gli interventi complessivi, organizzati tra le province di Brescia, Milano, Bergamo, Novara e Chieti. L’operazione arriva al termine di una complessa e articolata indagine nei confronti di un’associazione a delinquere molto organizzata, e che ora dovrà rispondere di svariati reati in materia di appalti pubblici: dalla corruzione alla turbativa d’asta, fino all’accesso abusivo ad un sistema informatico.
Un sistema perfetto e complesso per garantire l’aggiudicazione, per oltre 12 milioni di euro, da parte di una società bergamasca, la Valcart di Rogno, di varie gare d’appalto bandite da una società pubblica attiva nel settore delle reti elettriche, all’interno della quale lavorava una “talpa” che aiutava l’organizzazione criminale.
Il dipendente infedele
A fronte di queste “prestazioni illecite”, il dipendente infedele della partecipata avrebbe ricevuto, nel corso di diversi incontri avuti con il corruttore, nelle immediate vicinanze di un casello autostradale, oltre 70 mila euro in contanti, il tutto documentato con riprese video effettuate dai militari del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Brescia.
Spiavano i concorrenti tramite accessi illegali a un portale web
Le indagini di polizia giudiziaria hanno anche consentito di documentare numerosi accessi abusivi ai sistemi informatici in danno di un’altra società partecipata dallo Stato, che avrebbero consentito la visualizzazione delle offerte trasmesse dalle imprese partecipanti ad alcune gare d’appalto, nel tentativo che la società coinvolta ne fosse l’aggiudicataria.
Oltre al sistema corruttivo, i finanzieri hanno però anche smascherato un sistema parallelo di false compensazioni di crediti fiscali, per un importo complessivo pari a 3,8 milioni. Due società riconducibili agli indagati, inoltre, avrebbero omesso dichiarazioni Iva evadendo di fatto 400mila euro di tasse dovute.