Il divorzio ci costa molto caro (stiamo parlando di salute)

Battaglie legali, portafogli che si sgonfiano, sguardi in cagnesco e figli spartiti a tempo tra mamma e papà: sono questi i tristemente noti costi “diretti” di una (ex) dolce unione finita a ferro e fuoco. Tuttavia, sulla separazione (poco importa che sia consensuale o no), sembrerebbe pesare anche un costo indiretto, con esiti non meno importanti che incidono, però, sulla salute: è la cosiddetta “sindrome da divorzio”, osservata da un gruppo di ricercatori dell’Università dell’Arizona, negli Usa, che l’hanno descritta nella rivista Health Psychology.
La sindrome. Mentre si matura l’idea di un addio al coniuge, o a fatto compiuto, si perde il sonno: lo stress decisionale, la consapevolezza di un fallimento emozionale e relazionale, la gestione dei figli a carico, fanno la loro buona parte. È probabile e più che comprensibile che ciò accada almeno, o entro, le dieci settimane successive all’evento, durante le quali l’organismo, come in una sorta di "processo di aggiustamento", riesce in qualche modo a tamponare le risultanze e a parare il colpo delle ore di risposo mancate. Tutt’altra storia è invece se il fenomeno perdura oltre questo periodo, perché gli effetti organici sono rilevanti, con strascichi e conseguenze a lungo termine. Il tempo notturno passato a contare le pecore invece che a riposare sarebbe infatti fra le cause di insorgenza di alcune classiche patologie della sindrome, ovvero pressione alta prima di tutto e poi stati d’ansia e depressione. Fino, nella peggiore delle ipotesi, a un rischio accidentale di morte prematura.
A lanciare questo allarme poco rassicurante sono i ricercatori americani che hanno studiato i comportamenti di 138 ex compagni, separati o divorziati da poco, cioè nelle 16 settimane precedenti all’inizio dell’esperimento. Ciascuno di loro è stato invitato a riferire la propria qualità del sonno (e della vita) durante le visite di laboratorio, precisamente 3 in un periodo di 7 mesi e mezzo. Ad ogni incontro ai partecipanti veniva anche misurata la pressione sanguigna. Quest’analisi ha consentito ai ricercatori di osservare sulla pressione un «effetto ritardato», cioè valori aumentati di pressione sistolica (delle arterie quando il cuore batte) e diastolica (delle arterie tra un battito cardiaco e l’altro). A fare la differenza era soprattutto quella sistolica, con picchi anche di sei punti ad ogni segnalazione di problemi di sonno. Una ragione che spiega questo fenomeno c’è: quando si dorme poco e male, l’organismo è soggetto a un rilascio squilibrato di neurotrasmettitori e ormoni che agiscono sul ritmo cardiaco. È come se il corpo, sempre sveglio, impedisse anche al cuore di riposarsi, tanto che, se la situazione si cronicizza, può arrivare a intralciarne il battito regolare. Ed ecco che si innesca l’ipertensione, cioè quando la pressione massima supera i 140 mmHg e la minima i 90 mmHg, con un conseguente aumento del rischio cardiovascolare.
La prevenzione. Lo “stress cardiaco” a seguito di un divorzio o altre situazioni difficili, tranquillizzano i ricercatori, può essere controllato ma è importante chiedere aiuto. Sottoponendosi a visite specialiste, specie se esiste una familiarità con le malattie di cuore (e non si intende quelle da ferite amorose) e prendendosi cura della qualità del sonno. Tra i primi rimedi consigliati per incorrere il meno possibile in questi problemi di ipertensione e favorire il sonno, c’è il ricorso, in caso di bisogno, a qualche seduta di terapia cognitivo-comportamentale e la revisione della routine giornaliera, in modo da favorire il relax serale. Oltre, naturalmente, a tutte le terapie farmacologiche e non del caso, consigliate dal medico di riferimento.
Non solo lo studio americano. C’è anche un'altra ricerca, questa volta italiana, condotta dall'Università degli Studi di Milano, che conferma la negatività dello stress da divorzio sulla salute generale. La ricerca ha messo infatti in luce come una situazione di tensione violenta e prolungata possa essere all'origine di un indebolimento del sistema immunitario e cardiocircolatorio, fino a indurre diversi scompensi fisici. Vale a dire che la tensione psichica logora a tal punto da ripercuotersi sul corpo e provocare lesioni organiche a tutti gli effetti. In poche parole, quello che di negativo accade nel quotidiano, compresa la perdita del partner, potrebbe tradursi, alla lunga, in malessere e malattia psicosomatica. Come l’abbandono della vita coniugale potrebbe influire in tutto questo? Con la produzione di disagi emotivi e ricordi ossessionanti, dovuti, ad esempio, a nostalgia o a fantasie di riconciliazione. Tutto ciò dimostrerebbe che il corpo diventa l'elemento su cui scarichiamo il nostro dolore. È il nostro corpo a pagarne le spese. Spese indubbiamente care.