Dopo l'ergastolo all'uomo che uccise American Sniper

Eddie Ray Routh, 27 anni, ex marine, è stato condannato all'ergastolo per l'uccisione di Chris Kyle, che tutti conosciamo come “American Sniper” a motivo del film di Clint Eastwood che ne ha raccontato le imprese. La giuria del processo, tenutosi nella cittadina di Stephenville dove Kyle viveva con la moglie dopo essersi ritirato dalla marina, ha respinto la teoria della difesa, secondo la quale il 2 febbraio 2013, in un poligono di tiro del Texas, Routh avrebbe sparato contro Kyle e il suo amico Chad Littlefield, uccidendoli entrambi, perché affetto da problemi mentali. A favore di questa tesi si era espresso anche un medico, Mitchell Dunn, secondo il quale al momento di premere il grilletto Routh non era sotto effetto di stupefacenti, ma in una fase acuta del disturbo da stress post traumatico di cui soffriva in seguito alle missioni di guerra in Iraq ed ad Haiti dove era stato inviato dopo il devastante terremoto. L'accusa ha invece mostrato che Routh faceva uso di stupefacenti e beveva alcol in quantità considerevole, ma sapeva ciò che faceva. Avendo la stessa accusa deciso di non chiedere la pena di morte, il verdetto di colpevolezza della giuria ha comportato automaticamente la condanna dell’imputato al carcere a vita con l’esclusione del diritto di chiedere la libertà condizionata.
Questo il quadro elementare della vicenda. Al quale va certamente aggiunto il particolare che era stato lo stesso Kyle a portare al poligono il suo assassino in quanto il cecchino più micidiale della storia - The Legend, come lo chiamavano i suoi compagni - svolgeva ultimamente attività di volontariato volte ad aiutare i veterani a riprendersi dalle "ferite mentali" contratte in combattimento. Era la prima volta che incontrava Routh e lo avrebbe portato al poligono per conoscerlo meglio prima di iniziare il vero e proprio percorso di cura.
C’è chi - ad imitazione di un famoso ceo della General Motors - non inizia trattative industriali prima di aver giocato a golf col futuro nemico. Altri pensano che siano il bridge o il poker a consentire di conoscere gli uomini. Evidentemente qualcuno ritiene che non ci sia metodo migliore per curare i fuori di testa che metter loro in mano un fucile di precisione. È stata la stessa vedova di Kyle a raccontare al processo l’ultimo saluto del marito, che abbracciò e baciò sapendo che sarebbe passato a prendere Routh per portarlo a sparare.
Ci sono però alcune cose, in questa storia, che meriterebbero qualche attenzione.
Kyle è stato il tiratore scelto dei Navy Seal (corpo d’élite della marina) che detiene il record di bersagli colpiti nella storia americana: 162, anche se lui ne ha rivendicati 255. Dato però che nella sua autobiografia ha raccontato più di un episodio di dubbia autenticità il numero più alto soffre di qualche incertezza. Kyle lasciò i Seal nel 2009, all'età di 38 anni, e lui stesso ebbe problemi di riadattamento alla vita normale.
Ed è appunto su cosa possa significare “normale” in questo contesto che sorgono perplessità superiori a quelle sul numero dei bersagli. Kyle, come molti suoi compatrioti, cominciò a sparare da bambino, sotto la guida del padre. Entrato nei Seal passò 18 anni ad uccidere uomini e donne con rigorosa precisione. Tornato a casa si trovò addosso il peso intollerabile di essere considerato dai concittadini un eroe al pari del Sergente York, altro leggendario cecchino portato sullo schermo da Howard Hawks e interpretato da Gary Cooper. Tra parentesi: il suo funerale fu celebrato nello stadio dei Dallas Cowboys e alla cerimonia era presente anche l’ex governatrice dell’Alaska Sarah Palin.
Gli ultimi anni della sua vita furono segnati dalla controversia legale con Jesse Ventura, ex lottatore di Wrestling e ex governatore del Minnesota, che nel 2006 (tre anni prima del ritiro) Kyle avrebbe preso a pugni in un bar perché aveva criticato la guerra in Iraq aggiungendo che i Navy Seal erano degli assassini che «meritavano di perdere qualche uomo». Al momento pare che Kyle non sapesse chi era l’uomo che aveva colpito, in quanto lo stesso Ventura sarebbe stato nei Seal durante la guerra del Vietnam e si sarebbe presentato a una cerimonia degli stessi Seal con un occhio nero a pochi giorni dalla rissa nel bar dove Kyle si trovava con altri per una veglia in memoria di alcuni amici morti in Iraq. Solo tempo dopo lo avrebbe riconosciuto e chiamato col suo nome: da qui la lite in tribunale. La causa per diffamazione intentata da Ventura ai danni di Kyle ha condotto la giuria a ritenere l’episodio del tutto inventato e ha obbligato il querelato a versare un risarcimento di 1,8 milioni di dollari al querelante.
Altre storie racconta Kyle nella sua autobiografia, una meno credibile dell’altra e tutte prive di riscontri. Come quella che sarebbe accaduta a New Orleans nel 2005, nei giorni successivi all’uragano Kathrina, quando lui e un suo amico sarebbero saliti sulla cima del Superdome, lo stadio dei New Orleans Saints, e da lì avrebbero sparato su tutti coloro che ritenevano intenti ad azioni di sciacallaggio. In tutto avrebbero fatto 30 morti, non si sa se da attribuire unicamente a Kyle o se da dividere equamente tra i due. Il problema vero è che nessuno ha mai parlato di cecchini vendicatori a New Orleans.
Del suo assassino Eddie Ray Rough si sa invece con assoluta certezza che, al ritorno dall'Iraq, era stato ricoverato in ospedale un paio di volte, la prima delle quali dovuta al fatto che la polizia lo trovò mentre si aggirava nei pressi di casa sua a torso nudo, senza scarpe e con una bottiglia di alcool in mano. Gli agenti erano intervenuti perché il ragazzo, poco prima, aveva minacciato di massacrare la sua famiglia e poi di suicidarsi. Quando gli chiesero perché si fosse comportato in quel modo rispose: «Soffro di PTDS», il Post-Traumatic Stress Disorder. Dato però che aveva in mano la bottiglia si sarebbe anche potuto pensare che fosse ubriaco. E perché no il risultato di un bel mix fra PTDS e i fumi dell’alcol? In ogni caso, quale miglior ospedale, per curare sindromi di questo tipo, che un bel poligono e un migliaio di colpi a disposizione?
Domanda ancor più radicale: ma la legge e la psichiatria americane credono realmente di avere gli strumenti per comprendere - non si dice giudicare - condizioni di umanità come quelle accennate sopra?