Bufera sul Pentagono e la Centcom

Dossier "addolciti" spediti a Obama che mentivano sulla guerra all'Isis

Dossier "addolciti" spediti a Obama che mentivano sulla guerra all'Isis
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Circa un cinquantina di funzionari del Pentagono hanno portato al Congresso una denuncia molto pesante, rilanciata dal New York Times: alcuni capi militare del Centro di comando degli Stati Uniti, il Centcom, avrebbero volutamente modificato i rapporti della guerra contro l’Isis al fine di indurre la Casa Bianca a ritenere che gli stessi Usa stessero vincendo la battaglia contro lo Stato islamico. Bridget Serchak, portavoce dell’ispettore generale del Pentagono, ha confermato che è stata avviata un’inchiesta nei confronti di alcuni dei più alti gradi del Centcom. I punti principali che sarebbero stati modificati riguardano la disponibilità alla collaborazione delle forze irachene e gli esiti dei bombardamenti in Siria. Si tratta di accuse che, se confermate, sarebbero di una gravità inimmaginabile.

 

 

Le accuse. Le revisioni ai documenti originali avrebbero avuto lo scopo di presentare alla Casa Bianca, e quindi al Presidente Obama, un quadro decisamente più addolcito rispetto alla reale situazione di guerra in Iraq e Siria. Le prove, d’altra parte, paiono esserci: esisterebbero, infatti, documentazioni dettagliate che dimostrerebbero la manipolazione di molte informazioni, volte a mostrare successi che in realtà non si verificavano. Le indagini sono, naturalmente, ancora agli inizi, e gli sviluppi sono del tutto imprevedibili. Certo è che, se tutto questo impianto di menzogne dovesse essere accertato come realmente esistente, si creerebbe un imbarazzo nei confronti dell’intera comunità internazionale non indifferente, oltre che ovvie ripercussioni sulle gerarchie militari americane.

 

 

Una vittoria apparente. Alla luce di queste accuse, è chiaro come molte critiche portate avanti in questi mesi contro la gestione della guerra all’Isis da parte degli Usa assumano tutta un’altra credibilità. Fin da quando le forze militari americane si sono apertamente schierate contro lo Stato islamico, sono stai in molti a ritenere che gli sforzi bellici profusi non fossero nemmeno lontanamente sufficienti per far fronte alla minaccia del Califfato. Nella sostanza, il solo impiego delle forze aeree, si diceva, non sarebbe bastato per combattere le forze dell’Isis. Ma le notizie che giungevano dal fronte avevano dato sempre ragione ad Obama, con rapporti che certificavano come i raid aerei avessero decimato le milizie jihadiste, grazie anche alla cooperazione, per quanto riguarda l’Iraq, delle forze governative locali. Tutto, parrebbe, assolutamente non vero.

 

 

Scopo e conseguenze di queste revisioni. La domanda sorge spontanea: ma perché queste relazioni sarebbero dovute essere state modificate? È difficile dare una risposta certa. Sotto un certo punto di vista, dal momento che una delle principali critiche mosse all’amministrazione Obama di questi 7 anni riguarda una pessima gestione dei conflitti internazionali, è probabile che una certa parte dell’apparato militare, forse per ridar lustro al proprio nome, abbia deciso di indorare l’amara pillola della tragica realtà siriana e irachena. Ma per il momento si possono solo fare ipotesi. Quel che è certo è che nell’eventualità che i rapporti siano stati realmente cambiati, i mea culpa non sarebbero mai sufficienti: gli Usa hanno rinunciato ad intensificare le attività militari in Siria proprio in forza di un’apparente, per quanto lento, avvicinamento alla vittoria nei confronti del Califfo, cosa che potrebbe aver permesso allo Stato islamico di espandersi e rafforzarsi molto più di quanto sarebbe stato possibile se l’intervento bellico americano fosse stato maggiormente corposo. Un aspetto le cui conseguenze ricadrebbero non solo sugli Usa e sul loro apparato militare, ma su tutti i Paesi coinvolti nella lotta al Califfato e, soprattutto, sui civili delle zone interessate.

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