Il gruppo punta a un utile di 5,3 mld

I drastici tagli di Unicredit

I drastici tagli di Unicredit
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UniCredit ha presentato ieri, 11 novembre, il piano industriale per il triennio 2016-2019. C’era molta attesa rispetto alle decisioni che i vertici dell’istituto bancario avrebbero preso per dare nuova linfa all’attività del gruppo, e i colpi di scena non sono mancati. Il più rumoroso riguarda senz’altro il piano di tagli da 1,6 miliardi di euro, che, da un punto di vista dell’occupazione, si tradurrà in 18.200 posti di lavoro in meno in tutta Europa. Ma i correntisti di UniCredit si tranquillizzino: non si tratta di misure derivanti da una crisi dell’istituto, ma dalla volontà di ridisegnare l’organizzazione soprattutto di Italia, Austria e Germania al fine di sfruttare appieno potenzialità ritenute, ora come ora, inaccettabilmente inespresse. Si tratterà, inoltre, di un piano totalmente autofinanziato: ciò significa che non sarà prevista alcuna forma di aumento di capitale.

 

 

Il piano di UniCredit. Le intenzioni del gruppo, come detto, sono tese a ridimensionare alcuni settori ritenuti più una zavorra per i conti che possibili strumenti di incremento dei guadagni, e gli interventi che verranno messi in atto riguarderanno in particolare l’Italia, la Germania e l’Austria. Entro la fine del 2016, infatti, verranno ceduti, o come minimo ristrutturati, i servizi di retail banking austriaci e quelli del leasing in Italia, nonché smontata la sub-holding di Vienna che controlla tutte le diramazioni nell’Est Europa di UniCredit. Il piano punta a consolidare la banca dal punto di vista patrimoniale e della redditività: entro il 2018, infatti, il gruppo intende raggiungere i 5,3 miliardi di utile netto, nonché la possibilità di una distribuzione dei dividendi pari al 40 percento degli utili. «Vogliamo raggiungere questi obiettivi in un contesto macroeconomico che rimane non facile, con tassi di interesse ai minimi storici e un rallentamento della crescita economica internazionale», ha commentato il ceo di UniCredit, Federico Ghizzoni, in una nota, «e farlo con un piano rigoroso e serio e al tempo stesso ambizioso. Ma soprattutto realistico, perché si basa su azioni che dipendono dalle nostre scelte manageriali, ed è un piano totalmente autofinanziato. Siamo quindi pienamente fiduciosi circa la sua realizzazione». Una manovra espansiva dunque, per utilizzare parole molto in voga al momento, che avrà fra i suoi cardini, come detto, un robusto taglio del personale.

 

 

I tagli previsti. Partendo da Austria e Germania, i due Paesi individuati insieme all’Italia in cui intervenire, ci sarà la riduzione di 12mila posti di lavoro. Per quanto riguarda Berlino e dintorni, nel mirino c’è l’attività di retail (ovvero la vendita di servizi finanziari al dettaglio ai clienti) che frutta un ritorno di capitale del solo 9,9 percento, decisamente troppo poco; discorso valido anche per l’Austria, a cui si aggiunge anche il progetto di smantellamento della sub-holding facente capo a Bank Austria: nel 2016, infatti, scadono gli accordi stipulati ai tempi dell’acquisizione che prevedevano il mantenimento a Vienna del distaccamento cui fanno capo tutte le controllate nell’Est Europa, dalla Russia alla Turchia; smontare la holding e centralizzare le funzioni di governo a Milano potrebbe portare benefici in termini di efficienza e costi.

 

 

Cosa è previsto per l’Italia. Restano, per quanto riguarda i tagli ai posti di lavoro, poco più 6mila dipendenti da smaltire in Italia, dove nel mirino dei dirigenti di UniCredit è finito il comparto del leasing, ovvero una forma di finanziamento in cui, in cambio di un canone periodico, il cliente ottiene la disponibilità di un bene utile alla propria attività, acquisendone la proprietà ad un prezzo inferiore a quello di mercato. È prevista, dunque, una riduzione di 1.100 unità dal reparto dei Corporate Centres, e altri 5.800 in maniera più eterogenea (540 dei quali sono dirigenti). Occorre sottolineare, però, che non si tratta di un fulmine a ciel sereno per il quale senza alcun preavviso migliaia di dipendenti si ritroveranno alla porta: nel marzo 2014, infatti, UniCredit concordò con le rappresentanze sindacali un piano al 2018 che prevedeva 5.100 esuberi (di cui 2.400 già avvenuti e 2.700 da effettuare), da scontare rispetto ai 6.900 previsti in base alle nuove direttive.