Muore 6 mesi dopo la somministrazione di un calmante: due medici dell'ospedale di Alzano a processo
I fatti risalgono al 2019 quando a Jason Mensah Brown vennero iniettate delle benzodiazepine: finì subito in coma, da cui non si è mai ripreso
Sono passati ormai sei anni da quella sera del 19 luglio 2019 in cui, all'ospedale di Alzano Lombardo, vennero somministrati per via endovenosa cinque milligrammi di Midazolam, farmaco utilizzato per sedare e anestetizzare, a Jason Mensah Brown.
Il ragazzo andò però in arresto cardiaco e poi in coma per i sei mesi successivi ed è poi morto senza mai essersi più ripreso all'Habilita di Zingonia il 13 febbraio 2020, a 24 anni e con un figlio di sei. Faceva il barbiere e abitava a Vercurago, nel Lecchese.
La psichiatra e il medico
Ora, per questa vicenda, sono imputati davanti alla giudice Laura Garufi la psichiatra e il medico che presero in cura Mensah Brown e che decisero di somministrargli il farmaco. Difesi dall'avvocato Marco Zambelli, rispondono di omicidio colposo, con la prima udienza servita a calendarizzare il processo. Come riporta il Corriere Bergamo, il 6 febbraio saranno ascoltati 17 testimoni, a marzo sarà la volta dei consulenti, verosimilmente centrali in una vicenda che si è dimostrata complessa già nella fase preliminare.
Il processo
Inizialmente, infatti, era stata chiesta l'archiviazione per gli indagati originari, che erano quattro. È stata però accolta solo per il cardiologo e l'anestesista intervenuti a crisi respiratoria in atto. La giudice Solombrino ha invece sottolineato come i danni celebrali irreversibili e la «grave sofferenza miocardica acuta» che portarono alla morte di Mensah possano essere «direttamente riconducibili alla gravità dell'arresto cardio-circolatorio determinato dalla somministrazione del Midazolam».
Cosa è successo
Il giovane era arrivato in pronto soccorso in condizione di agitazione psicomotoria dalla polizia che ne aveva notato lo stato alterato per aver fumato cannabis. Al Pronto Soccorso i carabinieri lo avevano immobilizzato a terra e i medici gli somministrarono per via endovenosa la fiala da 5 milligrammi di Midazolam. La gip ha quindi fatto notare che, essendo un farmaco della categoria delle benzodiazepine, i protocolli prevedano di graduare la gestione del paziente in base alla condizione psicotica rilevata e all'anamnesi.
Tutte le mancanze
Secondo la giudice, invece, la somministrazione avvenne secondo modalità differenti da quella lenta suggerita dalla scienza medica e in condizioni di «particolare concitazione, addirittura utilizzando per la contenzione la stessa polizia giudiziaria» (i carabinieri chiamati in pronto soccorso). Inoltre, sarebbe stata fatta in assenza sia del rianimatore sia del cardiologo e senza il preventivo screening tossicologico né di «un adeguato monitoraggio della pressione e del livello di saturazione».
Non vennero avvisati neanche i familiari - tra cui la fidanzata Federica, 30 anni -, che all'udienza del 7 ottobre erano tutti presenti in tribunale.