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È allarme povertà anche in Bergamasca: ventimila persone in crisi (soprattutto donne)

I dati elaborati dall'osservatorio della Cisl provinciale: «È necessario dotarci di un quadro di interventi centrati sul cibo come diritto umano fondamentale. Serve un Fondo di solidarietà alimentare adeguato alla situazione»

È allarme povertà anche in Bergamasca: ventimila persone in crisi (soprattutto donne)
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Cinque milioni di italiani faticano a mettere in tavola un pasto decente (fonte: il rapporto Censis-Tendercapital). E i bergamaschi, purtroppo, non fanno eccezione: in coincidenza con il Dpcm del 18 ottobre, anche qui hanno ripreso a salire le richieste di aiuto che arrivano nei centri che Caritas ha attivato per intervenire sulla crisi scatenata dalla diffusione del virus. Sono oltre duemila le famiglie che utilizzano questi centri. Un dato che, stando alle proiezioni dell'osservatore della Cisl Bergamo, significa circa ventimila persone scivolate al livello di povertà assoluta sul nostro territorio. Si tratta, spiega il sindacato, soprattutto di lavoratori precari che non si sono visti riconfermare il contratto scaduto nel periodo più aspro della pandemia.

Sono numeri elevatissimi, che mostrano, rispetto al 2019, un raddoppio dei nuclei chi si trovano in tale condizione. Un dato impressionante, ennesimo record negativo registrato in questo periodo. «In tanti casi si è riscontrata la marginalità della povertà alimentare nelle politiche sociali territoriali - commenta Mario Gatti, segretario provinciale Cisl -, che continua a venire vista più come un sintomo che una conseguenza della povertà, senza riconoscere il diritto umano a un cibo adeguato. Le famiglie sono scivolate verso la povertà estrema a causa della mancanza di lavoro, e a essere colpite sono soprattutto le famiglie mono genitoriali, e quindi le donne: l’ottanta per cento di chi richiede aiuto è donna tra i 22 e gli 85 anni, e ben il 91 per cento delle donne in età da lavoro tra le famiglie considerate è disoccupata».

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Per il territorio bergamasco testimoniano la crescita della povertà i dati di accesso per la richiesta dell’attestazione Isee presso i Caf per i nuclei familiari sotto i decimila euro, dove il raffronto tra i primi otto mesi del 2019 segnava un aumento del dieci per cento delle pratiche elaborate e portate a buon fine. Quasi la metà di queste pratiche riguardava cittadini con fascia di reddito inferiore ai 9.360 €, quindi in piena “zona povertà”. «Il prossimo futuro, in assenza di un’azione preventiva, ci può dare un’ampia dimensione di crescita della povertà e conseguente emergenza alimentare, e l’incremento delle diseguaglianze, con la difficoltà delle organizzazioni di affrontare una domanda di aiuto in continua crescita».

«È necessario dotarci di un quadro di interventi centrati sul cibo come diritto umano fondamentale - commenta ancora Gatti -, nel contrasto alla povertà alimentare. È necessario fare pressione sulle istituzioni perché elaborino efficaci strategie di contrasto alla povertà con risorse adeguate, magari con un Fondo di solidarietà alimentare adeguato alla situazione attuale da inserire già dalla prossima Legge di Bilancio. In parallelo, le istituzioni devono dare reale attuazione a coerenti politiche per il lavoro, con strutture, professionalità e reti di supporti per la ricerca e l’accompagnamento al lavoro dei molti che già vediamo in affanno rispetto alla tenuta occupazionale. Sul piano delle politiche contrattuali territoriali e aziendali, per la Cisl è ormai indispensabile creare fondi dedicati alla solidarietà tra i lavoratori per finanziare azioni di aiuto nei confronti dei più fragili, che siano legati ai bisogni familiari e a coloro che si troveranno coinvolti in processi di riorganizzazione aziendale».

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