Le novità sull’epidemia

Il medico che ai malati di Ebola legge Shakespeare per confortarli

Il medico che ai malati di Ebola legge Shakespeare per confortarli
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«Ieri mi sono ritrovato al capezzale di un malato di Ebola, a leggergli Shakespeare». Cronache da un ospedale di Lagos, Nigeria, dove si prova a curare l’epidemia che nelle ultime settimane ha messo alle corde questo angolo di Africa. Le parole sono quelle di Maurizio Barbeschi, medico italiano del gruppo Risk Asessment and Decision Support dell’Oms, che, su La Stampa, scrive:

Non è mai facile incontrare persone che stanno morendo, e per sollevare un poco il morale ho chiesto a uno di loro se gli piacevano i libri. Mi ha risposto di sì, e allora sono andato fuori a cercarne uno. Ho trovato un collega che aveva con sé una copia di Enrico IV, e me la sono fatta prestare. Il malato era contento di vedere che avevo un dono per lui, e ho cominciato a leggerglielo, seduto davanti al suo letto.

Non è «una condanna a morte automatica». Ebola - scrive Barbareschi - non è «una condanna a morte automatica: con una buona e rapida assistenza, le possibilità di sopravvivenza aumentano in maniera netta». L’importante è garantire idratazione alle persone quando iniziano a mostrare i primi sintomi, specie la diarrea. «Questo è il primo passo per cercare di allungare la loro vita, e magari salvarli. (...) Poi c’è il morale, naturalmente, che è importante in ogni malattia. Perciò magari nei prossimi giorni tornerò in corsia con Shakespeare, sperando di ritrovare il malato appassionato di libri».

 

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Si diffonde il virus. Continua, intanto, a diffondersi il virus che, ad oggi, ha provocato ormai quasi 1000 morti: per l’Oms i 961 decessi e 1779 casi di contagio spingono a classificare il caso sanitario come «un’emergenza di salute pubblica di livello internazionale, la peggiore degli ultimi quarant’anni».

Il “paziente zero” era un bmbo di due anni. Emergono anche le prime ricostruzioni di come l’epidemia si sarebbe diffusa negli ultimi mesi: il New York Times ha raccontato la vicenda del “paziente zero”, il primo malato che avrebbe manifestato i sintomi del virus e dai cui sarebbe cominciato il contagio. È un bambino di 2 anni morto il 6 dicembre scorso a Guéckédou, Guinea sudorientale, probabilmente dopo aver mangiato frutta contaminata dai pipistrelli della frutta, portatori del virus. Dopo di lui si sarebbero ammalati la madre, una sorella e la nonna: al suo funerale sarebbero stati contagiati altri due amici, e da lì il virus avrebbe cominciato a circolare.

 

La cartina della diffusione del virus

 

Le pessime condizioni del sistema sanitario africano. Ebola si è diffuso attraverso tre ondate: le prime due piccole, la terza, iniziata un mese fa, drammatica. A favorire la circolazione, le pessime condizioni del sistema sanitario africano: in molte strutture non c’è acqua corrente, mancano le più banali dotazioni per operare, come i guanti. Non è un caso se ci sono stati, fin qui, già 145 operatori sanitari infettati, di cui 80 sono morti. A questa situazione già di per sé difficile, si è aggiunta la diffidenza di tanti africani: «Agli inizi dell’epidemia, 26 tra villaggi e piccole città si sono rifiutati di cooperare con le autorità sanitarie», ha spiegato Gregory Hartl, portavoce dell’Oms.

Si studia il vaccino. In Occidente continuano gli studi su un possibile vaccino. L’azienda farmaceutica Gsk ha lasciato trapelare informazioni: si trova, forse, ad uno stadio avanzato dell’elaborazione del siero, che già a settembre potrebbe iniziare ad essere adoperato in via sperimentale sui pazienti.

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