Legame tra Covid-19 e malattia di Kawasaki? I risultati dello studio del Papa Giovanni
Analizzati i casi di 10 bambini (di cui 8 positivi al Covid) trattati tra marzo e aprile. I medici bergamaschi sostengono che, nel loro insieme, i risultati mostrano un reale incremento dell’incidenza della malattia all’epidemia, ma che tale associazione vada confermata
Esiste un legame tra Covid-19 e malattia di Kawasaki? È una domanda che si stanno ponendo diversi pediatri, alla quale hanno provato a rispondere anche i medici dell’ospedale Papa Giovanni XXIII, che hanno da poco pubblicato sulla prestigiosa rivista scientifica The Lancet lo studio condotto dalla Pediatria dell’ospedale di Bergamo.
I medici bergamaschi sostengono che, nel loro insieme, i risultati mostrano un reale incremento dell’incidenza della malattia di Kawasaki associata all’epidemia da Sars-CoV-2. Tuttavia sostengono anche che tale associazione vada confermata in studi più ampi. Lo studio ha analizzato 10 casi di bambini, di cui 8 positivi al Coronavirus, con sintomi simili alla malattia di Kawasaki arrivati al Papa Giovanni XXIII tra l’1 marzo e il 20 aprile, mentre nei cinque anni precedenti era stata diagnosticata a soli 19 bambini. Si tratta di un aumento dei casi pari a 30 volte, anche se i ricercatori avvertono che è difficile trarre conclusioni definitive con numeri così piccoli. Tutti i bimbi sono sopravvissuti, ma quelli che si sono ammalati durante la pandemia hanno mostrato sintomi più gravi di quelli diagnosticati in passato.
«Abbiamo notato un aumento del numero di piccoli arrivati al nostro ospedale con una condizione infiammatoria simile alla malattia di Kawasaki nel periodo in cui l’epidemia stava prendendo piede nella nostra regione – spiega Lucio Verdoni, primo autore dello studio -. Sebbene questa complicazione rimanga molto rara, il nostro studio fornisce ulteriori prove su come il virus possa causare nei bambini diversi tipi di patologie. Nonostante la condizione rimanga rara, questo riscontro dovrebbe essere preso in considerazione quando si considera l’allentamento delle misure di allontanamento sociale, come la riapertura delle scuole».
Inoltre, i pediatri del Papa Giovanni hanno effettuato uno studio retrospettivo su tutti i 29 bambini ricoverati con sintomi della malattia di Kawasaki dal 1 gennaio del 2015 al 20 aprile del 2020. Prima di marzo la struttura sanitaria curava un caso di malattia di Kawasaki ogni tre mesi. Durante i mesi di marzo e aprile 2020, i bambini trattati sono stati 10 e, ad oggi, sono aumentati fino ad arrivare a 20. Un aumento che i medici dicono non essere spiegato da una crescita dei ricoveri, poiché il numero di pazienti ricoverati nei mesi di marzo e aprile 2020 è stato sei volte inferiore rispetto a prima che il virus fosse segnalato.
Nello specifico, la malattia di Kawasaki è una condizione rara che colpisce in genere i bambini con un’età inferiore ai 5 anni, che causa l’infiammazione dei vasi sanguigni di medio calibro. I sintomi tipici includono: febbre ed eruzione cutanea, occhi rossi, labbra o bocca secche, arrossamenti sul palmo delle mani e sulla pianta dei piedi e rigonfiamento di linfonodi. Inoltre, circa un quarto di questi pazienti presenta complicazioni a livello delle arterie coronarie, ma fortunatamente la condizione si risolve rapidamente in quasi la totalità dei bambini, se trattati in modo appropriato in ospedale. Non si conosce ancora il fattore scatenante della malattia di Kawasaki, ma si ritiene che si tratti di una reazione immunologica anormale, successiva ad un’infezione.
Per quanto riguarda i bambini che presentavano sintomi dopo il marzo 2020, i pazienti avevano in genere qualche anno di più (età media di 7,5 anni) rispetto al gruppo diagnosticato nei precedenti 5 anni (età media di 3 anni). Inoltre, manifestavano sintomi più gravi rispetto al passato: il 60 per cento di loro presentava complicanze cardiache, rispetto al solo 10 per cento di quelli trattati prima della pandemia (2 casi su 19). La metà dei bambini presentava poi segni di sindrome da shock tossico, mentre nessuno dei bambini trattati prima del marzo 2020 aveva questa complicanza, e infine l’80 per cento dei bambini ha richiesto un trattamento aggiuntivo con steroidi, rispetto al 16 per cento di quelli trattati in passato.
«Ormai molti centri iniziano a riportare casi di bambini che arrivano in ospedale con segni di malattia di Kawasaki in altre aree colpite duramente dal Covid-19, tra cui New York e l'Inghilterra sud-orientale – commenta Lorenzo D'Antiga, direttore della Pediatria del Papa Giovanni XXIII -. Il nostro studio fornisce la prima chiara evidenza di un legame tra l’infezione da Sars-CoV-2 e questa condizione infiammatoria. Speriamo che possa aiutare i medici di tutto il mondo a riconoscere e trattare prontamente questi pazienti, mentre proviamo a fare i conti con questo virus sconosciuto».
«Nella nostra esperienza, solo una percentuale molto piccola di bambini infetti da Sars-CoV-2 sviluppa sintomi della malattia di Kawasaki – conclude Angelo Mazza, autore dello studio e pediatra all'ospedale di Bergamo -. Tuttavia, è importante comprendere le conseguenze del virus nei bambini, in particolare quando i paesi di tutto il mondo si confrontano con piani per iniziare a ridurre le politiche di allontanamento sociale».