A che età si diventa madri
Avere un figlio intorno ai trent’anni sembra essere diventato un fenomeno diffuso, anche se l'età non è la migliore, a detta dei medici, e della tradizione. L’impressione comune è confermata da alcune statistiche elaborate dalla clinica ginecologica Mangiagalli di Milano: le donne che partoriscono tra i 35 e i 44 anni superano quelle che mettono al mondo un figlio tra i 25 e i 34 anni. Le percentuali parlano chiaro: 48,4% contro 44,7%. Fino al 2008 il trend era esattamente invertito: 45,7% contro 48,9%. Secondo i dati Istat sugli indicatori demografici pubblicati a giugno 2014 l’età media al parto si piazzerebbe intorno ai 31,5 anni.
La crisi economica colpisce ancora. Le statistiche della clinica di Milano forniscono dati importanti, perché fotografano tendenze su scala nazionale. Proprio da questo ospedale, infatti, nel 2009 è stato lanciato l’allarme sugli aborti conseguenti alla crisi economica, mentre l’anno successivo è stato segnalato il boom delle mamme single (una su cinque). Il fenomeno delle madri tardive può essere spiegato dalla difficoltà di metter su famiglia quando non si ha un lavoro fisso e una casa di proprietà. I tempi d’ingresso nel mondo del lavoro sono più lunghi e fanno slittare l’età della maternità ai limiti dell’orologio biologico. Non è certo un caso che questo trend si sia diffuso con l’inizio della crisi economica. Le madri over 30 nel 2010 erano il 47,6%, oggi sono salite al 48,5%. Sorprendentemente, stanno aumentando anche le mamme quarantacinquenni, triplicate negli ultimi cinque anni (0,5% contro 1,4%).
Ma dove e come le donne moderne partoriscono? Oggi quasi tutte le donne italiane scelgono di partorire in una struttura pubblica, mentre solo lo 0,3% ha partorito in casa. La donna meridionale preferisce l'assistenza sanitaria privata, forse per la carenza quantitativa e qualitativa di strutture ospedaliere pubbliche nel Sud. Sempre secondo l'Istat risulta ancora eccessivo l'utilizzo dei bisturi da parte del ginecologo: i parti cesarei nel nostro paese sono decisamente elevati, con 13 punti percentuali in più, rispetto alla quota massima del 15%, fissata nel 1985 dall'OMS. Il ricorso al parto cesareo è maggiore al sud, con punte del 35% nell'Italia meridionale e del 38 nell'Italia insulare. L'innalzamento dell'età media della madre non giustifica l'alto numero di parti cesarei. Solo il 26,3% delle donne che ha partorito in modo naturale ha potuto decidere la posizione del parto. Anche su questo fronte, la donna del sud è penalizzata: solo l'11% infatti, dichiara di avere potuto scegliere.
Anche le nascite sono in calo. Non si arresta in Italia il calo delle nascite, mentre crescono i nuovi nati stranieri, che però non riescono a compensare il fenomeno delle culle vuote. Per il quinto anno consecutivo le nascite diminuiscono, attestandosi sui 514 mila dello scorso anno. Secondo i dati del Bilancio demografico della popolazione residente dell'Istat, sono stati 534.186 gli iscritti in anagrafe per nascita nel 2012, già oltre 12 mila in meno rispetto al 2011. Insomma, l’andamento attuale non fa ben sperare per gli anni futuri. Inoltre, circa l'80% delle nascite proviene da donne italiane mentre il restante 20% da donne straniere. La fecondità delle prime scende da 1,42 nel 2012 a 1,39 nel 2013. Diminuisce anche la fecondità delle donne immigrate: da 2,65 figli per donna a 2,20 anche se la loro percentuale rimane comunque alta rispetto a quella delle madri italiane.