l'annuncio alla fiera del levante di bari

Ezio Bosso, quando la malattia spegne lentamente il talento

Ezio Bosso, quando la malattia spegne lentamente il talento
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Abbiamo imparato a conoscerlo tutti e ad amarlo in occasione del Festival di Sanremo di tre anni fa. Salito sul palcoscenico aveva eseguito al pianoforte «Following a bird», una sua composizione. Alla fine fu un’ovazione e quella sua performance è stata visualizzata milioni di volte su YouTube. Lui è Ezio Bosso, musicista, compositore torinese, 48 anni compiuti da pochi giorni. Ha un volto e uno slancio che non si dimenticano, perché comunicano tutta la passione e la fede che ha per la musica. «La musica», ripete sempre, «è una fortuna e, come diceva il grande maestro Claudio Abbado, è la nostra vera terapia». Lo ha sperimentato su se stesso in tutti questi anni, cioè da quando dopo aver subito un intervento per l'asportazione di una neoplasia è stato anche colpito da una sindrome autoimmune. Una malattia che lo ha limitato nei movimenti, fino a costringerlo alla sedia a rotelle. Ma la malattia (che non è una Sla come a volte viene erroneamente scritto) non gli ha impedito di suonare e di dirigere. Almeno fino a ieri. Ieri infatti davanti alla platea della Fiera del Levante a Bari dove era stato invitato per dirigere l’orchestra si è lasciato andare a una confessione che era anche una implorazione. «Se mi volete bene, smettete di chiedermi di mettermi al pianoforte e suonare. Non sapete la sofferenza che mi provoca questo, perché non posso, ho due dita che non rispondono più bene e non posso dare alla musica abbastanza. E quando saprò di non riuscire più a gestire un’orchestra, smetterò anche di dirigere». Parole pronunciate con grande dolore e che sono state accolte quasi con sgomento.

 

 

Ma la forza di Bosso è sempre stata quella di credere nella musica, al di là di suonarla lui o meno. Di credere nella musica come energia che aiuta a vivere e che è portatrice di positività. «La musica», ha infatti detto subito dopo quell’amara confessione, «ci ricorda anche questo: prendersi cura, avere rispetto, far star bene, non confondere la quotidianità con l'eternità, i nostri piccoli poteri con l’assoluto». E quanto al problema che ora gli impedisce di suonare il suo amato pianoforte, ha voluto precisare: «La disabilità è negli occhi di chi guarda, perché il talento è talento e le persone sono persone, con le ruote o senza. E con la pazienza a tutte le età si può imparare, perché se uno dedica del tempo alle cose, le cose vengono».

 

Il fascino di Bosso non sta solo nella sua grande capacità empatica di comunicare attraverso la musica a un pubblico ampio. Il suo fascino è anche un fascino umano che lo ha sempre portato a concepire la musica come uno spazio aperto: aperto agli altri, alle relazioni e aperto sui problemi del mondo. A Torino, la sua città, era noto a tutti perché ogni anno si esibiva nella sede antica dell’Opera Barolo, una delle istituzioni caritative storiche: erano prove aperte offerte agli ospiti dell’istituto, ma aperte anche all’interlocuzione con il pubblico e in particolare con tutti coloro che fanno musica. Momenti intensi in cui oltre alle note contavano anche le parole. Perché come ha sempre detto Bosso, «la musica insegna anche a perdersi e quindi con la musica si impara a seguire». Seguire la vita, senza pregiudizi e senza paure.

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