Vietare Facebook prima dei 16 anni Ma esattamente che senso ha?

Portare da 13 a 16 il limite di età per il libero accesso al mondo di Mark Zuckerberg, ad altri social network assai diffusi - come Snapchat, Instagram - e persino a Gmail. È l’idea che è stata partorita ieri nell’Europarlamento. Non un obbligo ai Governi, ma una possibilità per i Governi di innalzare gli attuali sbarramenti anagrafici. Cosa abbia convinto i legislatori europei che un simile consiglio possa avere non qualche utilità, ma anche una minima ricaduta, non è dato sapersi.
Un problema tecnico. Per avere un’idea: il 70 percento dei 13enni europei, secondo quanto dicono le ricerche, ha una sua pagina su Facebook. Qui si pone un primo problema: il Governo che adottasse l’innalzamento a 16, come può pensare di sottrarre la connessione a chi nel frattempo è già entrato nel grande mondo di Zuckerberg? E se decidesse di non fare mosse retrodatate, come potrebbe convincere chi compie 13 anni nel 2016 che non può avere quello che invece ha chi è diventato tredicenne nel 2015? Insomma, siamo nel campo delle idee senza gambe e anche senza cervello. A meno che il “cervello” non consista nel lanciare un avvertimento al miliardario di Menlo Park (la località di Palo Alto dove c’è il quartier generale di FB): per far capire che l’Europa non è terreno indiscriminato di pascolo, per i fatturati che garantisce e per la facilità a scappar via dalle tasse.
Una realtà di fatto. Ma ora il tema non è questo. Il tema è la grande paura che pervade il mondo adulto di fronte all’imbarazzante facilità con cui le nuove generazioni digitali sfuggono da ogni sguardo e da ogni controllo, tuffandosi nella rete. Si tratta di una situazione da quasi panico, come dimostra il sondaggio lanciato dalla Stampa, dove l’86 percento dei naviganti si dice d’accordo con questa indicazione del tutto improbabile suggerita dall’Europarlamento. È tanto lo spaesamento da non far neanche capire che un’idea del genere non è nel novero delle idee praticabili. Il web per i ragazzi – o anche per i bambini – è come l’aria. Nel senso che si nasce già imparati a respirare. E nel senso che è davvero difficile farne a meno. Perché FB e tutti gli altri social sono diventati l’ambiente principe con cui ci si connette con il mondo, con gli amici, con gli altri. Quindi proibire è un po’ come soffocare. E anche limitare è come togliere l’aria.
Una sfida complicata. Partita persa, dunque? No, piuttosto è una sfida aperta. Una sfida complicata per gli adulti, perché non può essere giocata su quel piano. Gli psicologi consigliano affiancamenti, condivisione nella navigazione. Ma chi ha un po’ di esperienza sa con quanto fastidio i ragazzi vivano queste esperienze, con adulti irrimediabilmente impacciati, lenti, e comunque alla fine sospettosi. Così l’affiancamento spesso di traduce in un’esperienza frustrante per gli adulti, e noiosa per i figli. Certo i controlli sono dovuti, la sorveglianza a distanza non deve mai conoscere distrazioni.
Tra i pericoli che i social scaricano tra le mura di casa, uno è particolarmente letale: il rischio che gli adulti diventino più fragili, più persi e più bambini dei loro stessi bambini. Meglio quindi un adulto che vada avanti per la sua strada, forte del suo stile di vita, delle sue certezze, che lascia immaginare ai suoi figli di aver davanti un orizzonte più interessante e più affascinante del pur magnifico mondo di Facebook. È quello il vero sbarramento, assai più di ogni improbabile innalzamento dell’età.