Il video dell'operazione

Falsi restauratori hanno truffato ed estorto centinaia di migliaia di euro a preti e parroci

L'indagine "Res Ecclesiae" era iniziata nel 2017 e ha messo in luce un giro d'affari enorme. Otto persone indagate, tre in carcere. Tra i coinvolti, anche un soggetto residente a Fontanella, dove è stata sequestrata una villetta

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La mattina di oggi, martedì 20 ottobre, si è conclusa con otto ordinanze di misure cautelari l’operazione "Res Ecclesiae" condotta dai Comandi Provinciali dei Carabinieri di Bergamo, Pordenone, Varese, Brescia e Roma con il supporto del Secondo Nucleo Elicotteri di Orio al Serio. Sgominata un'organizzazione di falsi restauratori che, una volta ricevuti i beni della Chiesa per il restauro, estorcevano denaro e gioielli a preti e parroci. Gli indagati si presentavano come restauratori, promettendo ottimi lavori a prezzi molto convenienti, poi chiedevano somme ingenti per la riconsegna degli oggetti preziosi consegnatigli. Delle otto persone coinvolte (uno residente anche a Fontanella, nella Bergamasca), tre sono attualmente in carcere, due agli arresti domiciliari e tre all’obbligo di dimora.

Centinaia gli episodi contestati e ricostruiti grazie alle indagini dei Carabinieri, avviate addirittura nel dicembre 2017 dopo diverse segnalazioni e denunce. Le tre persone attualmente in carcere costituivano il vertice del gruppo criminale, sia partecipando attivamente alla commissione di alcuni reati, sia dando direttive sul modus operandi da adottare a seconda dei crimini da commettere, insieme a indicazioni sulla collocazione e sulla gestione dei proventi illeciti, che confluivano in un unico conto corrente. Attraverso l’utilizzo di automezzi, schede e telefoni, falsa modulistica e persino di un locale dotato della strumentazione necessaria alla realizzazione di trattamenti galvanici, la banda simulava l’attività di una solida e strutturata azienda di restauro. Dal 2015 si sarebbero verificati oltre cento episodi, tutti ricostruiti grazie alle indagini.

L’importo economico estorto è stato quantificato in diverse centinaia di migliaia di euro, a cui andrebbe sommato il valore dei pezzi mai restituiti, dei gioielli devozionali talvolta utilizzati dalle vittime a titolo di pagamento, degli interessi dei finanziamenti accesi dai parroci per poter far fronte alle indebite richieste di pagamento. Grazie ai proventi dell’attività illecita e ad altri espedienti volti a evadere il fisco, i malviventi riuscivano a condurre una vita molto agiata, acquistando abitazioni, terreni e autovetture di grossa cilindrata, nonché organizzando vacanze di lusso e festini a base di champagne. In merito alla riconosciuta capacità finanziaria dei consociati, il gip scrive:

«(...) A fronte di una formale situazione di povertà estrema, che dipinge gli associati come sostanzialmente nullatenenti, il quadro emerso dalle indagini appare completamente diverso, e vede tutti gli indagati condurre una vita agiata e disporre di ingenti somme di denaro, da loro talvolta utilizzate anche per investimenti immobiliari (…). Si è accertato che gli stessi sono assidui frequentatori di ristoranti e pizzerie, locali nei quali sono soliti spendere somme anche molto consistenti e comunque tengono un tenore di vita più che agiato».

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Inoltre, gli accertamenti richiesti all’Inps hanno permesso di riscontrare che quattro dei destinatari della misura cautelare percepiscono il Reddito di Cittadinanza.

Gli esperti chiamati a supporto dell'Arma nelle indagini descrivono così lo stato di conservazione di alcuni beni “restaurati” dall’organizzazione criminale di falsi restauratori: «Tutti gli oggetti sottoposti a questi lavori non autorizzati non possono definirsi in uno stato di conservazione migliore rispetto al momento precedente l’intervento, ma anzi scontano i danni di operazioni invasive, inidonee, con un netto ed evidente peggioramento dei fenomeni di degrado». E ancora: «Gran parte dei manufatti non hanno in nulla beneficiato dell’intervento; anzi, hanno in gran parte subito operazioni aggressive, invasive e scorrette sotto tutti i profili, che non hanno fatto altro che accelerare il loro processo di degrado e perdita di identità di bene culturale».

Contestualmente all’indagine, è stato eseguito il sequestro preventivo di una villetta bifamiliare a Fontanella, di un terreno edificabile ubicato ad Azzano Decimo (Pordenone) e di tutti i conti correnti e delle polizze di pegno intestati agli indagati; inoltre è stata data esecuzione a tre decreti di perquisizione nei confronti di persone indagate in stato di libertà a Urago d’Oglio (Brescia).

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