Figliuolo, che cos'è un drone?
Il mondo intero è stato informato del fatto che il Presidente Obama sta seriamente valutando in queste ore l’ipotesi di raid aerei sull’Iraq condotti mediante impiego di droni.
Nell’immaginario (e nel linguaggio) comune i droni sono aerei senza pilota. Bisognerebbe almeno aggiungere: a bordo. Perché i droni il pilota ce l’hanno: e con tanto di brevetto specifico, militare o civile. Solo che se ne sta a terra, o in volo su un altro aereo.
Il loro nome vero sarebbe pertanto «(Sistemi) Aeromobili a Pilotaggio Remoto» «(S)APR». Altri acronimi, frutto del combinato disposto fra la fantasia degli ingegneri e la passione per le sigle tipica dei registri aeronautici, sono: ROA (Remotely operated aircraft), RPA (Remotely piloted aircraft), RPV (Remotely piloted vehicle), UAV (Unmanned aerial vehicle), UVS (Unmanned vehicle system), ecc.
In breve: droni. Dall’inglese drone, l’ape maschio, quello che muore dopo il volo nuziale con la regina. Ma anche quello che emette un ronzio sordo e continuo, senza variazione alcuna.
I droni più famosi sono quelli militari: enormi libellule d’argento impiegate per ricognizione o bombardamento onde evitare perdite umane in caso di abbattimento del velivolo. Il loro utilizzo si è largamente diffuso grazie all’affinarsi di sistemi satellitari che ne hanno reso il controllo facile al pari di un giocattolo. Il loro punto debole: sono incapaci di difendersi.
Ma in questi ultimi mesi sono nati anche droni domestici. Un fiorire di modelli per tutti i gusti e per tutte le tasche. Nel marzo scorso, alla prima edizione della mostra mercato di Novegro dedicata alla robotica e ai makers, se ne potevano portar via alcuni con meno di 100 euro. Non c’è limite a salire. Perlopiù in aspetto di elicotteri aracnoidi sono impiegati per portare pizze a domicilio, recapitare plichi di libri o videogiochi, operare riprese aeree di monumenti, ispezionare da vicino lo stato di affreschi irraggiungibili all’interno di chiese e altro ancora.
I produttori di questi dronetti innocui e simpatici hanno protestato: non vogliono che venga esteso ai loro gadget tecnologici il nome minaccioso dei cugini maggiori. Per il momento li chiamano Optocopters (quando hanno otto eliche fissate su un telaio circolare. Ma esistono anche esacotteri e quadricotteri), ma non è ancora certo dove si fisserà il lessico.
Piccolo drone domestico di fabbricazione giapponese. In vendita su e.bay
Il drone di figura 4 con tutto il suo corredo.
Drone sorvola il sito archeologico di Cerro Chepen in Peru.
Piccolissimo, appoggiato su un muretto
Il più noto dei droni USA da combattimento, il Predator.
Un momento di Gadget Show
Un esempio di impiego commerciale: trasporto posta.
Altro drone da ripresa. facile il confronto con le dimensioni della macchina fotografica.
Un drone attrezzato per riprese fotografiche.
Il taglio obliquo conferisce a questo drone un aspetto minaccioso. Tranquilli: i due cilindri gialli sono solo di appoggio
Un drone italiano per impiego militare, lo Squalo
In un mercato in così grande fermento e nell’imminenza della loro commercializzazione (sarà il 2015 l’anno del grande debutto in società) il Washington Post ha pubblicato un reportage che avanza più di un dubbio sull’affidabilità di questi mezzi aerei.
Il quadro emerso dalle 50mila pagine di documenti ufficiali consultati è sconfortante: Dal 2001 a oggi oltre 400 droni militari americani si sono schiantati al suolo. O su case, fattorie, autostrade, piste di vario genere. I due più originali: quello che è andato a scontrarsi con un Hercules C-130 dell'US Air Force in volo e quello che è finito nel giardino di una scuola elementare in Pennsylvania. Avranno pensato ai marziani.
Tutti i siti del mondo hanno diffuso il risultato tecnico dell’inchiesta: le principali cause delle sciagure devono essere attribuite a: “avarie meccaniche, errori umani o problemi meteorologici”. Viene da chiedersi per qual altro motivo potrebbero essere precipitati. O forse lo studio vuol dire che quelli abbattuti dalla contraerea nemica si contano sulle punte delle dita o non entrano nel conto.
Nel tentativo, lodevole, di non diffondere il panico la relazione avverte: “Non è mai morto nessuno in un incidente di droni, ma i documenti mostrano che si sono evitate numerose catastrofi per pochissimo, a volte per pochi decimetri, o pochi secondi o semplicemente per il caso”.
I morti furono invece numerosi al tempo della Grande Rivoluzione Industriale inglese, quando le caldaie progettate per fornire energia ai telai scoppiavano con impressionante frequenza seminando terrore e distruzione. Ma nessuno pensò che si potesse tornare indietro per così poco.