«Fino a 200 telefonate al giorno». Il giovane medico Davide Moioli racconta quelle settimane
La guardia medica: «Arrivato a fare 40-50 visite in ambulatorio e fino a 15 a casa. La nostra sanità si reggeva su sforzi di singoli. Nell’emergenza la buona volontà e l’impegno non sono bastati. Serviva concertazione dall’alto»
di Marta Belotti
«È una battaglia da vincere sul territorio; all'ospedale deve arrivare solo il caso critico». Nei suoi due anni di esperienza come guardia medica a Osio Sotto, Davide Moioli ha maturato la certezza che l’attività dei medici sul territorio sia fondamentale per vincere la battaglia contro il Covid e sia la chiave per farsi trovare pronti di fronte a eventuali future pandemie. Originario di Romano di Lombardia, afferma: «Ormai conosco bene questo territorio, così come sto imparando a comprende anche le dinamiche ospedaliere a Milano, dove sono specializzando in Chirurgia generale».
Davide ha visto esplodere l’epidemia dal suo ambulatorio di Osio Sotto. «Devo ammettere che qualche caso sporadico di polmonite particolarmente aggressiva si era già visto almeno da gennaio. Io stesso ho vissuto un’esperienza simile all’interno della mia famiglia. A inizio anno, mia mamma ha contratto un’influenza molto forte. Nulla di troppo grave, ma la convalescenza si è prolungata per un tempo molto più lungo di quello consueto. Tuttavia, ai tempi non avevamo strumenti per immaginarci qualcosa come il Covid. Quando a fine febbraio è scattato l’allarme e abbiamo iniziato a cercare i casi, l’impennata è stata inevitabile ed evidente. Un mese e mezzo fa ero arrivato alle 200 telefonate al giorno, 40-50 visite giornaliere in ambulatorio e fino alle 15 visite domiciliari. In una situazione normale avevo 20 chiamate e solo due o tre visite in casa. Come intuibile dai numeri, a marzo la situazione è diventata estremamente difficile dal punto di vista organizzativo. Mancavano i presidi sanitari e le protezioni necessarie per affrontare la pandemia».
Un’emergenza che ha trovato i medici costretti a quintuplicare le forze per affrontare i nuovi problemi fatti emergere dall’emergenza. «La pandemia ha mostrato tutti i difetti di un sistema sanitario fallato da tempo» constata Davide. Aggiunge: «La nostra sanità si reggeva sugli sforzi di medici e di persone a vario titolo impegnate in ambito sanitario. Di fronte all’emergenza della pandemia la buona volontà e l’impegno altissimo della nostra classe non è bastato. Sarebbe stata necessaria dall’alto una capacità di concertazione generale che Regione Lombardia e Ats non hanno saputo dimostrare».
Davide è fiducioso per il futuro...