Gaza, tregua di tre giorni Ora si cerca un accordo duraturo
A Gaza regge il cessate il fuoco cominciato a mezzanotte e al Cairo si cerca un accordo duraturo. Una nuova tregua di 72 ore, dopo quella della scorsa settimana, in cui le parti si impegnano a trovare un punto di incontro che metta fine alla guerra iniziata oltre un mese fa. Intanto, è stato riaperto il valico di Rafah per consentire l’ingresso dei primi aiuti umanitari.
La tregua precedente, anch’essa durata 72 ore, era finita l’8 agosto con la ripresa dei razzi da parte di Hamas e dei raid aerei da parte israeliana, anche se l’intensità delle operazioni, da entrambe le parti, è stata minore rispetto ai primi giorni di guerra.
Negoziati: le richieste di Israele e Hamas. Israele ha deciso di inviare la sua delegazione al Cairo, dal momento che la tregua sembra reggere. Le istanze che israeliani e palestinesi rivendicano, però, sembra siano inconciliabili con la pace. Israele chiede il totale disarmo della Striscia, tanto che Netanyahu, durante l’ultima riunione di gabinetto, ha più volte ribadito che Israele non negozierà sotto i razzi. Da parte palestinese si chiede la fine dell’embargo - che dura ormai da 8 anni -, il rilascio dei prigionieri incarcerati a giugno durante l’operazione Brother’s Keeping, dopo che erano stati liberati nell’ambito dell’accordo Shalit. A questa richiesta Israele ha risposto che il rilascio sarà subordinato alla consegna dei corpi dei due soldati uccisi a Gaza e che secondo Tel Aviv sono nelle mani di Hamas. I palestinesi chiedono anche la riapertura del porto e dell’aeroporto di Gaza e la creazione di un passaggio sicuro tra le due enclavi dei Territori Occupati, Cisgiordania e Striscia di Gaza.
Le speranze di pace internazionali e le nuove strategie di Israele. Il segretario generale dell'Onu Ban Ki-Moon ha salutato il nuovo cessate il fuoco di 72 ore tra Israele e Hamas esortando le parti a lavorare su una tregua di maggiore durata. Ban ha espresso la sua «forte speranza che questa tregua dia alle due parti un'altra chance di ottenere un cessate il fuoco durevole a vantaggio delle popolazioni civili e un punto di partenza per le due parti per esprimere le rispettive ragioni».
Anche re Abdallah di Giordania si è espresso sulla guerra in corso, auspicando la creazione di uno Stato palestinese come condizione per una vera pace. In un’intervista al quotidiano giordano al-Ghad, il sovrano ha definito l’operazione Margine Protettivo come «il conflitto più sanguinoso e devastante intercorso finora tra le parti. Israele potrà essere sicuro unicamente attraverso la creazione di due Stati: è l'unico modo che lo Stato ebraico ha per farsi accettare nella regione e nel mondo intero».
Le speranze sono però flebili. Il ministro israeliano della sicurezza si è detto convinto di un’escalation di violenze da parte di Hamas al termine del cessate il fuoco del prossimo mercoledì: «A mio giudizio, alla fine delle 72 ore si tornerà ai combattimenti e - ha dichiarato al quotidiano Ynet - Israele ha bisogno di pensare di passare al passaggio successivo».
Continuano gli scontri in Cisgiordania. Se a Gaza la situazione sembra dare un attimo di respiro alla popolazione stremata da quasi 2mila morti, 10mila feriti e oltre 500mila sfollati, in Cisgiordania gli episodi di violenza non si fermano. A Nablus ed Hebron in particolare, tra le zone più calde dei territori occupati, dove il fuoco israeliano negli ultimi giorni ha ucciso tre giovani e un bambino di 11 anni.