Merito di Cairo e...

Questo Giro ha una marcia in più e l'Italia se n'è innamorata di nuovo

Questo Giro ha una marcia in più e l'Italia se n'è innamorata di nuovo
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L’Italia si è reinnamorata del suo Giro. Arrivata alla centesima edizione, la corsa a tappe su due ruote sembra aver riscoperto tutta la sua attrattiva, che non è solo sportiva. Il Giro è in fondo un viaggio alla scoperta dell’Italia: quest’anno è partito dalla Sardegna e nel weekend siamo rimasti incanti a vedere i paesaggi attraversati, scoprendo che la Sardegna non è solo coste, non è solo mare. Ieri la salita dell’Etna ci ha portati in un paesaggio un po’ da fantascienza. Ma, appena dall’elicottero l’operatore alzava l’obiettivo, ecco che da quel suolo lunare si passava a vedere l’azzurro del mare.

 

 

Una marcia in più. Il Giro quest’anno ha una marcia in più. Sarà perché l’organizzatore ha cambiato padrone (la Gazzetta è nelle mani del nuovo numero uno di Rcs, Urbano Cairo, uno che vive di sport e di media); sarà perché l’occasione del centenario era di quelle da cavalcare. Fatto sta che, a dispetto di un livello agonistico non di massimo livello, in quanto tanti campioni si sono preservati per il Tour, il fascino del Giro sembra alle stelle. Cairo ha lavorato bene, in modo molto ambizioso: ha voluto che la corsa recuperasse tutta la sua forza simbolica di tracciato che unisce l’Italia. Così è stato studiato un percorso capace di riservare sorprese per le bellezze che attraversa: il Giro è uno strumento potente per rilanciare mete bellissime ma magari sottovalutate. Quanti italiani saliranno nei prossimi mesi sulle pendici dell’Etna? Fra due giorni scopriremo un altro luogo stupendo e dimenticato: le Terme Luigiane tra Calabria e Basilicata. Poi ci sarà l’arrivo ad Alberobello. Ed è solo la prima settimana.

 

 

L'effetto Scarponi. Il Giro in partenza ha poi avuto una componente emotiva in più, che ha persino fatto passare in secondo piano la notizia dei due ciclisti dopati, sorpresi ancor prima del via e rispediti a casa. È stato l’effetto Scarponi. Il campione, che avrebbe dovuto essere uno dei protagonisti della corsa che aveva vinto nel 2011 e che è morto travolto da un automobilista mentre si allenava sulle strade di casa. Scarponi è il simbolo del ciclismo come fatica ma anche come attaccamento alla terra, al paese. Era il campione forte e umile, amato da tutti per la sua caparbietà e per la serietà con cui concepiva il suo essere sportivo. La sua fine ha avuto come effetto quello di moltiplicare l’affetto degli italiani per la corsa che Scarponi amava più di ogni altra. È come se Scarponi avesse lasciato questa bella eredità: un nuovo attaccamento degli italiani verso il Giro.

 

 

Lo scatto di Cairo. Al resto ci ha pensato lo scatto d’orgoglio imposto da Urbano Cairo. Che ha voluto che la corsa non fosse più relegata a Rai3 ma venisse trasmessa da Rai2. Che ha studiato una copertura mediatica come ai tempi d’oro degli Anni Sessanta. Così, nonostante i nomi dei vincitori e delle prime maglie rosa siano tutti obiettivamente oscuri; nonostante gli italiani siano appesi all’unica chance di Vincenzo Nibali e dei suoi scatti nervosi e imperiosi, l’attenzione è ai massimi livelli.

E l’attenzione salirà man mano che il percorso si avvicinerà alla folle ultima settimana, quella che scatta proprio da Bergamo (qui ci sarà arrivo di tappa, giorno di riposo, prima della giornata durissima del Mortirolo e Stelvio con partenza da Rivetta). Quattro tappe di montagna una in fila all’altra e poi il finale da lotteria: una cronometro da Monza a Milano, in cui il Giro potrebbe cambiare di padrone proprio all’ultimo giorno. La sceneggiatura è davvero perfetta.

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