Raccolti da Business Insider

Gli esilaranti errori nei curriculum (Rileggeteli almeno una volta, dai)

Gli esilaranti errori nei curriculum (Rileggeteli almeno una volta, dai)
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Ne leggono davvero delle belle, i signori addetti alle Risorse Umane (HR, all’anglosassone, come si dice oggigiorno). Nei loro uffici piovono curriculum vitae come se grandinasse e passarli in rassegna uno ad uno non è certo un gioco da ragazzi. Meno male che alcuni di questi resumé offrono delle perle da Oscar della risata e della spudoratezza. Il sito CareerBuilder.com, specializzato nell’offrire consulenze e servizi affini a chi cerca/offre lavoro, ha chiesto a più di duemila datori di lavoro di raccontare quali siano state le cose più assurde che abbiano mai letto in un curriculum. Le risposte, riportate da Business Insider, sono state davvero spassose e denotano una tendenza patologica alla menzogna, nonché una certa disperazione tipica del “cercatore di lavoro”, una figura che forse è già diventata una professione, ma che sicuramente è un modo gentile per evitare di definirsi “disoccupati”. «Chi cerca lavoro sa che c’è molta competizione, perciò tenta metodi anche non convenzionali per farsi notare e attirare l’attenzione del datore di lavoro. Possono essere tentativi poco giudiziosi per compensare la carenza di qualifiche e competenze», afferma Rosemary Haefner, capo HR presso CareerBuilder. «Tuttavia, chi cerca lavoro dovrebbe cercare di emergere per le ragioni giuste. Anziché fare dichiarazioni assurde e menzognere, focalizzati su ciò in cui sei bravo e su ciò che hai effettivamente ottenuto. I datori di lavoro, comunque, sono più condiscendenti di quanto si possa pensare. Il 42 percento circa ha affermato che prenderebbe in considerazione candidati che hanno solo tre qualifiche sulle cinque richieste per un impiego specifico».

 

 

Ma la peculiarità dei curriculum citati da Business Insider non consiste solo nella pretesa di avere occupato poltrone che non sono state viste nemmeno con il binocolo, quanto piuttosto nel fatto che la menzogna viene smascherata dal bugiardo stesso, nel giro di una frase o due. Probabile che questi tizi abbiano contratto la malattia del pesce rosso, che notoriamente ha una tenuta mnemonica di cinque minuti scarsi. Si potrebbe persino ipotizzare che non si tratti di bugie vere e proprie, bensì di errori madornali, di sviste grandi come un elefante, come si dice ai bambini a scuola, quando sbagliano un’operazione matematica semplicissima.

Iniziamo dal campo che va sotto la dicitura di “informazioni personali” e affini. Il sito personale di un affiliato dell’allegra banda curriculum di fantasia rimandava direttamente a un sito porno, mentre lo username dell’email di un altro era 2poopy4mypants (qualcosa del tipo: «Troppa cacca per le mie mutande»). Nel settore delle esperienze professionali e affini  una persona ha menzionato, tra le sue referenze, un manager a cui aveva rubato dei soldi, furto per il quale aveva ricevuto un avviso di garanzia, mentre un anonimo job seeker ha scritto di avere ricoperto tre lavori in tre città differenti, allo stesso tempo. Un lampante prodigio dell’ubiquità, o un simpatico mascalzone poco avveduto. Un altro autore di CV alternativo ha affermato di avere ricoperto la carica di CEO presso la stessa compagnia da cui stava cercando di ottenere un lavoro. Ovviamente la posizione a cui il soggetto ambiva era proprio quella di CEO. L’incongruenza è talmente assurda che probabilmente è frutto di uno sbaglio che fa ben poco onore a chi l’ha commesso. Il beneficio del dubbio non può essere accordato a chi ha detto di avere un’esperienza decennale come taxista, mentre in realtà aveva la licenza solo da quattro anni, e a chi ha affermato di avere lavorato in una prigione, quando invece era un detenuto. Si tratta invece di un imbarazzante errore ortografico lo scambio di lettere sfuggito a una persona che ha dichiarato di essere stata impiegata in un bordello (whorehouse), intendendo in realtà magazzino (warehouse).

 

 

Chicche spassose si trovano anche tra le motivazioni date ai licenziamenti: un tizio che faceva domanda per un posto nel campo del servizio ai consumatori ha spiegato di avere lasciato la sua ultima occupazione perché non gli piaceva avere a che fare con i clienti arrabbiati. Una nota che sicuramente evidenzia la vocazione innata del soggetto per la mansione in questione. Un suo compare mattacchione ha poi scritto di essere stato licenziato “per incidente”.

Simili episodi di disattenzioni sospette si applicano anche al campo delle competenze personali: c’è chi ha affermato di avere frequentato un college che non esiste e chi ha giurato di possedere un certificato HVAC (Heating, Ventilation and Air Conditioning), dopo avere chiesto al datore di lavoro che cosa fosse un certificato HVAC. In questo settore si registra anche un numero maggiore di quiproquo linguistici ed errori di battitura dalle implicazioni deleterie. Qualcuno ha preteso di parlare fluentemente due lingue, una delle quali è il “latino maiale” (pig Latin), niente di meno. Che intendesse un misterioso Pidgin Latin? O un più ragionevole old Latin? Chi lo sa. È un fatto, comunque, che l’errore è anche concettuale, dal momento che parlare fluentemente una lingua morta non dovrebbe essere di grande aiuto per un’azienda contemporanea. Tanto più che qui si tratta di un latino, come dire, “suino”. E per finire in bellezza la carrellata di competenze sospette, non poteva mancare il millantatore più grande di tutti, quello che dice di avere vinto addirittura un premio Nobel. Dulcis in fundo.

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