Dopo l'omicidio di Ozgecan Aslan

Gli uomini turchi in minigonna Una protesta che invoca giustizia

Gli uomini turchi in minigonna Una protesta che invoca giustizia
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Si fa sempre più virale la campagna di protesta, lanciata tramite i social network di Turchia e Azerbaijan, #ozgecanicinminietekgiy (tradotto “indossare una minigonna per Ozgecan”), nata in seguito allo stupro ed all’uccisione della studentessa universitaria ventenne Ozgecan Aslan. Poco tempo fa il Ministero delle Politiche Sociali aveva pubblicato dei dati inquietanti che sottolineavano come 4 donne turche su 10 siano esposte a violenze fisiche e psicologiche; il 38 percento vittime di atti di violenza commessi in famiglia, il 12 percento sposate e il 10 percento in gravidanza, mentre l’89 percento non denuncia gli abusi subiti. Dati che confermano come dal 2002, ovvero dall’avvento al potere del partito islamico di Recep Tayyip Erdogan, la percentuale di stupri sia aumentata di circa il 400 percento.

Il fatto terribile. Mercoledì 11 febbraio scorso i genitori di Ozgecan Aslan hanno denunciato alla polizia la scomparsa della giovane ragazza, che studiava psicologia a Mersin (nel sud-est dello stato turco). Due giorni dopo si è fatta chiarezza sul brutale accaduto. La studentessa si trovava come di consueto sull’autobus che la doveva riportare a casa dopo aver frequentato le lezioni in facoltà: una volta rimasta da sola, il conducente, affiancato da un complice, ha cambiato il percorso del veicolo dirigendosi verso una zona isolata. Giunti nel luogo stabilito i due hanno cercato di violentare Ozgecan che ha reagito, spruzzando contro i due uomini un gas urticante al peperoncino.

 

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La ragazza è stata prima ferita con un coltello e in seguito uccisa a colpi di spranga, e, per evitare che si risalisse a loro tramite DNA, le sono state amputate le dita ed il corpo è stato bruciato. I due assassini si sono poi diretti dal padre di uno di loro con il corpo carbonizzato della giovane, chiedendo una mano per occultarlo. La polizia è però riuscita a risalire e catturare i tre, grazie alle tracce lasciate sui sedili dell’autobus abbandonato (riconosciuto dai genitori per via del copricapo che era solita usare la figlia).

Le proteste di piazza. Fin da subito le manifestazioni di protesta sono state veementi. Al funerale della ragazza hanno partecipato solamente donne e le compagne di università di Ozgecan hanno trasportato la bara prima della sepoltura, infrangendo la legge islamica e i moniti dell’imam di Mersin. Erdogan, preoccupato dall’influenza che il caso potrebbe avere sulle elezioni che si terranno a giugno, su Twitter ha detto che si occuperà personalmente del caso e che «l’assassino merita il massimo della pena», ma nel Paese si è tornato a parlare del ripristino della pena di morte per reati gravi (provvedimento tolto nel 2004 per permettere alla Turchia di entrare a far parte dell’Unione Europea).

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La rivolta non si è fermata qui ed ha assunto contorni più “social”, per dar voce ai manifestanti in tutto il mondo. È stata lanciata una campagna, tramite i principali portali di condivisione, aperta con uno slogan emblematico su Twitter: «Siete contrari alla violenza contro le donne? Vestitevi di nero in onore di Ozgecan Aslan, brutalmente uccisa e poi bruciata in Turchia» (#OzgecanAslanCinayeti, “vestiti di nero per Ozgecan”). I manifestanti sono invitati a farsi delle foto (i selfie) e postarle sulla rete (la Bbc ha fatto sapere che sono già circa 6 milioni le persone che hanno aderito alla campagna). Striscioni che sottolineano come «lo stupro sia un crimine contro l’umanità» sono portati da migliaia di manifestanti che si vestono di nero in segno di protesta. Gli uomini hanno deciso di dimostrare il loro attaccamento alla battaglia indossando abiti femminili, segnalandoli sulla rete tramite fotografie sotto l’hastagh #ozgecanicinminietekgiy (su Facebook si può leggere: «Se una minigonna significa immoralità o un semplice invito, anche noi vi mandiamo un invito», accompagnata da immagini di uomini vestiti da donna).

I diritti delle donne in Turchia restano da anni all’ordine del giorno. Nel dicembre scorso, le donne dell’Onu hanno firmato un accordo con il presidente dell’associazione turca Koc Holding (il più grande gruppo industriale del paese), Turgay Durak, per rafforzare il ruolo economico e sociale delle donne nel paese. E nel 2011, la Turchia è stata tra i 14 Paesi a ratificare il Trattato europeo con l’obiettivo di combattere la violenza contro le donne.

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