Educazione siberiana di Nicolai Lilin

Un grande romanzo spiega che cosa succederà a Donetsk

Un grande romanzo spiega che cosa succederà a Donetsk
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In vista dell’assalto finale a Donetsk e Lugansk pubblichiamo questi due passi tratti da Nicolai Lilin, Educazione siberiana, Einaudi, 2009 che mostrano bene come le cose – quando c’è di mezzo la Russia – siano sempre altre rispetto a quello che appare.
Da notare soltanto che “i criminali” di cui si parla sono gli eredi dei deportati siberiani in Transnistria ai tempi di Stalin. Per questo, tanti anni dopo, la Russia può rivendicarli come suoi, anche se in realtà sarebbero cittadini di uno Stato di nessuno. Non c’è bisogno di aggiungere altro, perché il lettore capisce da solo che in tutta la faccenda non c’è un solo atto che rispetti il diritto dei singoli e delle nazioni.

Nei superET (Einaudi)

Pag. 61-62

Dopo il 1992, quando le forze militari della Moldavia hanno cercato di occupare il territorio della Transnistria, la nostra città è stata abbandonata da tutti, siamo rimasti soli con noi stessi, come in realtà eravamo da sempre. Tutti i criminali armati hanno opposto resistenza ai militari moldavi e dopo tre mesi di battaglie, li hanno cacciati via.

Quando il pericolo dello scontro diretto era ormai passato, la Madre Russia ci ha mandato i cosiddetti “aiuti”: la quattordicesima armata, guidata dal carismatico generale Lebed’. Quelli, una volta arrivati nella nostra città che era ormai libera da qualche giorno, hanno applicato la politica della gestione militare: coprifuoco, perquisizioni in casa, arresti ed eliminazione della gente scomoda. In quel periodo molto spesso il fiume portava a riva i corpi della persone fucilate, le mani legate dietro la schiena con il filo di ferro e sul corpo segni di torture. Io stesso ho ripescato personalmente quattro cadaveri di persone giustiziate, quindi posso confermare con tutta la mia giovane autorità, che le fucilazioni da parte dei militari russi erano una realtà molto praticata in Transnistria.

I russi hanno cercato di sfruttare il momento per piazzare da noi, nella terra dei criminali, i loro rappresentanti governativi, che avrebbero dovuto gestire quello che prima era solamente in mano nostra. Molti criminali siberiani in quel periodo hanno corso un serio pericolo di morte, mio padre ad esempio ha subito tre attentati, si è salvato miracolosamente e per non aspettare il quarto ha lasciato la Transnistria e si è trasferito in Grecia, dove aveva amici per via di vecchi traffici.

I criminali della città hanno cercato di unire le loro forze per combattere i militari russi, però molti membri delle comunità avevano paura ed erano di fatto disposti a collaborare con il nuovo regime. I siberiani hanno rinunciato a qualsiasi contatto con il resto della società, e verso il 1998 erano completamente isolati, non collaboravano con nessuno e non sostenevano nessuno. Altre comunità sono scese a patti con il regime, che aveva proposto un suo uomo come presidente del Paese e garante politico di tutti gli affari. Ben presto, nuove forze governative hanno eliminato le persone coinvolte in quei patti, prendendo in mano la gestione degli affari.

Pag. 97-98

Nel ’92 in Transnistria c’è stata una guerra. Dopo la caduta dell’URSS, la Transnistria è rimasta fuori dalla federazione russa e non apparteneva più a nessuno. I Paesi più vicini, come la Moldavia e l’Ucraina avevano delle mire su di lei. Ma gli ucraini avevano già le loro difficoltà, per via dell’alto tasso di corruzione nel governo e nelle strutture dirigenti. I moldavi, nonostante la situazione disastrosa del Paese – assoluta povertà se non miseria di un popolo prevalentemente contadino – hanno fatto un atto con i rumeni, e usando la forza militare hanno cercato di occupare il territorio transnistriano. Secondo l’accordo, la Transnistria sarebbe stata divisa in maniera particolare: il governo moldavo avrebbe controllato il territorio, lasciando agli industriali rumeni il compito di gestire le numerose fabbriche dove si producevano gli armamenti, costruite dai russi ai tempi dell’URSS e dopo rimaste completamente sotto il controllo dei criminali, che avevano trasformato il territorio transnistriano in un vero e proprio supermercato di armi.

Così i moldavi senza alcun preavviso sono entrati nelle città di Bender e Dubašari, che si trovano sulla parte destra del fiume Dnestr’, ai confini con la Moldavia. Il 22 giugno a Bender, e cioè nella nostra città, è penetrata una divisione di carri armati moldavi, che ha fatto da copertura a dieci brigate militari, tra cui una di fanteria, una di fanteria speciale e due gruppi di militari rumeni. Gli abitanti di Bender hanno formato delle squadre di difesa, tanto di armi ne avevano in abbondanza. È scoppiata una breve ma molto sanguinosa guerra che è durata un’estate, dopo di che i criminali della Transnistria hanno buttato i militari fuori dalla loro terra. Poi, hanno cominciato a occupare il territorio moldavo. A quel punto l’Ucraina, per paura che i criminali vincendo la guerra portassero disordini pure sul loro territorio, ha chiesto alla Russia di intervenire. La Russia, riconoscendo gli abitanti della Transnistria come suoi cittadini, si è presentata con un’armata per “assistere al processo di pace”. Ha installato un regime militare, ha rinforzato i distretti di polizia, ha dichiarato la Transnistria “zona di estremo pericolo”. I militari russi pattugliavano le strade con macchine blindate, imponevano il coprifuoco dalle otto di sera alle sette di mattina. Tanta gente ha cominciato a sparire nel nulla, nel fiume venivano trovati i corpi dei morti torturati. Un periodo che mio nonno chiamava “ritorno agli anni Trenta” e che è durato per molto tempo. Mio zio Sergej è stato ammazzato dalle guardie in galera, molte persone per salvarsi hanno dovuto abbandonare la loro terra e rifugiarsi in diverse parti del mondo.

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