Lombardia, 22 ottobre

Guida al referendum sull’autonomia tra contraddizioni varie e inutilità

Guida al referendum sull’autonomia tra contraddizioni varie e inutilità
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Martedì 12 giugno quattordici sindaci della provincia hanno presentato il comitato “trasversale e apartitico” Sì Lombardia autonoma, nell’auspicio che tutti i Comuni lombardi potessero aderire. Il sogno però è andato in frantumi poche ore dopo quando i sindaci del Pd hanno annunciato la nascita di un altro comitato per il sì. Un classico all’italiana: due comitati avversari a favore della stessa cosa, ma perché? Ecco tutto quello che c’è da sapere, in cinque punti.

Referendum consultivo. Domenica 22 ottobre si voterà sia in Lombardia che in Veneto, dalle 7 alle 23. Non si tratta di un referendum abrogativo, ma di una consultazione prevista dalle leggi regionali. Non serve un quorum e il risultato non avrà il valore di atto legislativo.

Il quesito. Il referendum è stato indetto in Consiglio regionale da Lega Nord, Forza Italia e Movimento Cinque Stelle. È stato scelto il quesito formulato da tre consiglieri M5S, tra cui il bergamasco Dario Violi. Violi criticò aspramente Maroni che in un primo momento aveva proposto un referendum per rendere la Lombardia regione a Statuto speciale; referendum che gli sarebbe stato sicuramente bocciato dalla Consulta fornendogli così, ha detto Violi: «il pretesto per urlare ancora una volta “Roma ladrona”». Ha aggiunto Violi: «In tal modo il M5S ha tolto il finto pallino dell’autonomia alla Lega e dato la parola ai cittadini lombardi».

 

Bella serata, con tante persone davvero interessate e pronte a votare sì per la #Lombardia autonoma

Pubblicato da Un SÌ per la Lombardia autonoma su Venerdì 30 giugno 2017

 

Autonomia: sì o no? Daniele Belotti, segretario provinciale della Lega Nord, spiega che «grazie a Maroni siamo arrivati a un passo storico: diventare padroni a casa nostra». Ma si tratta davvero di autonomia? La risposta è “quasi”. Tutti i partiti vogliono chiedere allo Stato l’applicazione del terzo comma dell’articolo 116 della Costituzione, che prevede per le Regioni con i conti “a posto” la possibilità di richiedere la gestione esclusiva di alcune competenze di cui di solito si occupano entrambi (Stato e regioni), creando contenziosi su chi debba avere l’ultima parola. La richiesta deve essere formulata in Regione e poi approvata a maggioranza assoluta da entrambe le Camere. Secondo Jacopo Scandella, consigliere regionale del Pd, parlare di autonomia è improprio, si tratterebbe «solo dell’attuazione del federalismo differenziato. Dire che ci riprenderemo 54 miliardi da Roma è una bufala: la Costituzione non ammette che la Regione trattenga le tasse». Gli fa eco Gabriele Riva, segretario provinciale del Pd: «Non arriveranno più soldi», ma si tratta di un bilanciamento di competenze «a saldo zero». Lo conferma anche Paolo Franco, segretario provinciale di Forza Italia: «Sappiamo che non arriveranno più soldi, ma questo è il primo passo per raggiungere l’obiettivo». Perciò gli azzurri hanno aderito al comitato Sì Lombardia Autonoma, una «rivendicazione territoriale nel rispetto delle leggi alla quale invitiamo tutte le altre Regioni».

 

 

È necessario il referendum? Risposta breve: no. La consultazione è una richiesta rivolta ai cittadini per avere il permesso a procedere nei riguardi dello Stato, ma normalmente si possono avviare le trattative con una semplice votazione in Consiglio regionale, come si sta già facendo in Emilia Romagna. Qui si gioca il conflitto tra Pd e tutti gli altri. Riva sostiene infatti che «non c’era bisogno di un referendum da quasi cinquanta milioni di euro: Maroni è stato votato proprio per questo e aveva già il sostegno di tutti i comuni capoluogo», i quali, due anni fa, avevano scritto una lettera esortandolo ad aprire le trattative. Il M5S rincara la dose accusando Maroni di strumentalizzare la consultazione «per promuovere la sua immagine traballante con i fondi pubblici: il referendum non è per l'autonomia ma per maggiori risorse e competenze». Il M5S, come al solito, non si schiera con nessuno: «Entrambi i comitati non sono né apartitici né trasversali. Non faremo una campagna per il sì o per il no, ma rispetteremo la decisione dei cittadini». A queste critiche Belotti replica che i tentativi con Roma sono stati fatti, ma invano: «Il referendum è uno strumento per avere delega di qualche milione di cittadini lombardi. Vedremo se il governo si fingerà ancora sordo». Il Pd, però, smentisce: «Non sono mai state avviate trattative né in una votazione in Consiglio – come si può leggere negli atti – né informalmente». Belotti passa oltre: «Lascio il podio a chiunque voglia prenderselo. Non ce ne frega niente della bandierina, ma del risultato per i lombardi».

 

I sindaci di capoluogo e i presidenti di centrosinistra delle Province lombarde hanno presentato a Varese il loro...

Pubblicato da Lombardia Autonoma su Martedì 11 luglio 2017

 

I costi e il voto elettronico. Il Pd rimprovera il M5S di aver contribuito allo spreco per aver introdotto il “voto elettronico per il referendum consultivo”. «La sola gestione del voto elettronico – spiega Scandella – costerà alla regione ventun milioni di euro, che si aggiungono agli altri ventiquattro per il referendum, e saranno utilizzabili solo per le consultazioni regionali» e quindi in nessun’altra occasione di voto. Violi aggiunge pure che saranno utilizzate solo in alcuni seggi. Ma la sua idea è rivolta al “medio periodo”: «Ci stiamo dotando di sistemi utilizzati ovunque nel mondo nell’ottica di un confronto sempre più costante con i cittadini, sul modello svizzero. Non abbiamo l’arroganza di decidere al loro posto».

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