Le foto di Andrea Frazzetta

I volti distrutti di medici e infermieri del Papa Giovanni sul New York Times Magazine

I volti distrutti di medici e infermieri del Papa Giovanni sul New York Times Magazine
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La copertina del più diffuso magazine degli Stati Uniti aveva questa settimana in copertina un’immagine scattata da un fotografo italiano: Andrea Frazzetta. La fotografia ovviamente riguarda il Coronavirus e il servizio che si allunga all’interno per tante pagine ha per protagonisti gli operatori in prima linea negli ospedali di Bergamo, Brescia e Milano. Il risvolto drammatico e straordinario di questo reportage fotografico è in ciò che è accaduto al suo autore. Quando gli è arrivato la proposta dalla redazione del The New York Times Magazine, Andrea Frazzetta stava nell’appartamento milanese dove si era rifugiato con la moglie e il figlio di 4 anni, guarito qualche mese prima da una polmonite. Frazzetta aveva anche fortemente raccomandato alla madre e al padre di chiudersi in casa. Purtroppo nel momento in cui ha iniziato a lavorare, andando sulla prima linea di Covid-19, è stato raggiunto dalla notizia che sia la mamma che il papà avevano contratto il virus. L’8 aprile sua mamma Anna è morta in un ospedale milanese.

Per questo il reportage fotografico non solo le è stato dedicato, ma si conclude con una commovente immagine della madre affacciata dietro la tenda della casa milanese. «Nell'amato ricordo di Anna, mia madre. Non potevi vincere questa battaglia, ma sono sicuro che ci stai sostenendo tutti da lassù. È grazie a te se sono diventato fotografo. Continuerò a fare ciò che mi hai insegnato, ad amare la vita, ad amare gli altri e a vivere con coraggio», ha scritto Frazzetta nella sua dedica. E poi spiega: «Non è stato facile decidere di raccontare questa storia, non è stato facile decidere di mettermi dentro la storia. Come fotografi, siamo abituati a assistere alle storie degli altri, le storie di coloro che, con grande generosità, ci hanno dato la loro fiducia. Questa volta la storia che stavo fotografando è diventata, girato dopo aver girato, la mia storia».

«L’idea gli è scattata guardando i selfie degli infermieri che mostravano i lividi sul volto, Frazzetta ha deciso di documentare la lotta che si stava svolgendo intorno a lui», scrive Jason Horowitz, autore del testo. Il lavoro è stato molto complesso, come documentato dai video con cui il giornale americano ha accompagnato il lancio del servizio. Frazzetta ha dovuto lavorare con mascherina e guanti, in tempi stretti e in situazioni improvvisate. Eppure è riuscito a strappare dai suoi interlocutori sguardi di straordinaria intensità e profondità.

Andrea Frazzetta, fotografo

Il volto in copertina è quello di Monica Faiocchi, 48 anni, capo infermiera al reparto di terapia intensiva degli Spedali Civili di Brescia. È un volto destinato a entrare nella memoria collettiva, con i segni pesanti della fatica e del dolore. Nelle pagine interne troviamo tante presenze bergamasche, come Antonella Mangoli, 46 anni, infermiera del servizio d’emergenza 118, o il tenente colonnello Marco Andrei, 44 anni, specialista in sicurezza in servizio al Giovanni XXIII. «I pazienti sono più o meno sempre gli stessi», ha raccontato al giornalista. «Ogni dubbio viene chiarito auscultando i polmoni. Senti una frizione - come due pezzi di carta accartocciati - in tutti e due i polmoni. La senti in fondo ai polmoni. E respirano come i cani. Lei sa che i cani respirano molto più velocemente dell’uomo; una persona sana fa dodici respiri al minuto. Stamattina ho visto un paziente che ne faceva 40».

C’è il comandante Giuditta Lucà, medico legale assegnata sempre al Giovanni XXIII. «L’impressione - ha raccontato - è che il nemico potrebbe essere ovunque, e si riflette costantemente negli occhi delle persone che vivono qui. Esprimono, senza volerlo, un profondo senso di lutto. Queste sono cicatrici che restano dentro». E c’è Anna Zanotti, 58 anni, capo infermiera al Giovanni XXIII: «Non ci sono parole per descrivere cosa stiamo vivendo. Siamo devastati». Infine Marco Rizzi, 63 anni, direttore Unità malattie infettive sempre al grande ospedale bergamasco: «Vedere ambulanze in fila all’entrata e non sapere dove e come accogliere i malati fa male. Tutto questo lascerà un segno», dice a conclusione di questi viaggio.

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