Ikea sta arrivando nei centri città
Ikea, stando a quanto scrive Christian Benna su Affari & Finanza - la Repubblica, ha in serbo per l’Italia una novità bomba: si chiama pickup point (ovvero punto di ritiro della merce ordinata online) e ne saranno creati diversi, auspicabilmente vicino alla città, prima a Cagliari, poi a Roma (a Collatino) e poi a Milano (dove addirittura si parla di una zona centrale). Sembrerebbe un’inversione di rotta rispetto ai megastore da 20mila metri quadri ai lati delle grandi autostrade, ma in realtà non lo è. O meglio, si tratta di una reazione intelligente a un mercato complicato come quello del Belpaese, dove i marchi nostrani resistono, come fornitori stessi dell'azienda svedese e anche grazie i grandi brand dell’arredamento; e si tratta al tempo stesso di un tentativo di marketing basato su un «format di prossimità» rispetto al cliente e sullo sviluppo dell'ecommerce. Che non escluderà, naturalmente, il proliferare dei giganteschi capannoni blu. Riproponiamo qui l’articolo di Benna, interessantissimo e utile a capire i meccanismi che stanno dietro alle scelte del colosso dell’arredamento low cost in Italia.
Ikea cambia format. E va in onda in centro città, sulle frequenze delle vendite multicanale e di produzioni che dall'Asia rispuntano nel nostro paese. Ecco alcune delle istruzioni di montaggio del prossimo "piano Italia" secondo le intenzioni di Belen Frau, 40 anni, spagnola di Bilbao e da 12 mesi amministratore delegato della società svedese nella Penisola.
In cantiere, da qui al 2018, ci sono 1.000 assunzioni, almeno 5 nuovi negozi, un grande centro commerciale e una filiera di fornitori Made in Italy (che sono 150) sempre più nutrita. «Vogliamo avvicinarci ai consumatori - spiega Belen Frau - Anche se proseguiremo la crescita anche attraverso le grandi superfici, vogliamo sperimentare format di prossimità».
Per Ikea è una vera e propria rivoluzione, abituata com'è a sviluppare il suo business nei mega store da oltre 20mila metri quadri, situati alle porte delle città e possibilmente tra raccordi autostradali. L'Italia sarà uno dei primi Paesi su cui testare il format dei pickup point. «Si tratta di punti di ritiro della merce che il cliente ordina online. Parliamo di negozi più piccoli rispetto ai nostri standard, intorno a 3.000 metri quadri che apriremo all'interno dei centri urbani. Saranno presenti anche un' area food e un reparto di vendita diretta ma con una selezione di articoli molto ridotta».
Il primo pickup point sorgerà a Cagliari entro l'estate; il secondo grande test sarà a Roma, dove sono già presenti due store Ikea, e aprirà i battenti nel quartiere Collatino. Novità anche per Milano, dove la catena del mobile low cost vorrebbe aprire un nuovo store in una zona centrale della città. La nuova strategia di prossimità Ikea, che fino a qualche anno fa era quasi un ossimoro economico, riguarda principalmente lo sviluppo del canale e-commerce che permette di operare su superfici ridotte come quelle dei pickup point.
Ma il cambio di rotta ha a che vedere soprattutto con uno scenario del tutto nuovo che si sta affacciando sul mondo retail. Intanto la crisi economica ha colpito duro e si è abbattuta con violenza sulle casse della società. Le ultime stagioni di Ikea in Italia sono state deludenti: sull'ultima riga del conto economico è comparso per due anni di fila il rosso di bilancio. L'Italia, poi, è scivolata dal quinto mercato per importanza all'ottava posizione.
Oggi, dopo un 2015 positivo, in cui il fatturato è tornato a crescere a quota 1,6 miliardi, (+5,5 rispetto al 2014), c'è stato anche un ritorno all'utile, per circa 10 milioni di euro ed è aumentato il valore dello scontrino medio, pari a 73 euro, in progresso del 3,4%. Tuttavia per tornare a crescere in modo sostenuto bisogna cambiare rotta. «Si respira aria di ripresa - conferma Belen Frau - ma si tratta di una ripresa altalenante. Il bonus mobili, ora esteso anche alle giovani coppie, sta contribuendo alla crescita delle vendite. Ad ogni modo, qualcosa va cambiato nella nostra offerta distributiva».
Dalla casa madre gli ordini sono ambiziosi e inequivocabili. Il giro affari globale deve passare dagli attuali 33 miliardi a 50 entro il 2020. E uno dei driver di crescita sarà l'ecommerce che dovrà valere almeno il 10% del fatturato. Per ora il commercio elettronico non supera il miliardo di euro. E in Italia, pur registrando una rimonta considerevole (+35%), è ancora lontano da questi traguardi.
Tanto più che i retailer italiani sono ben agguerriti. E sono riusciti nell'impresa, ritenuta quasi impossibile fino a qualche anno fa, di dare filo da torcere a big come Ikea, che infatti non riesce a superare quota 10% del mercato dell'arredamento. I negozi tradizionali continuano a rappresentare il 70% del mercato, stima Federmobili. Il restante 30% è occupato dalle grandi catene, con quelle made in Italy che corrono a doppia cifra. Basti pensare allo sviluppo di Mondo Convenienza, Divani & Divani, Poltrone&Sofà, Chateaux d'Ax, che hanno sviluppato format competitivi sul prezzo, hanno puntato sulla prossimità, grazie a reti di negozi (a volte in franchising) sotto casa e hanno scelto anche la strada della specializzazione.
Il ritorno al negozio sotto casa è una tendenza che però non ferma i piani di crescita sulle grandi superfici. La società infatti riparte da due fronti: dalle sperimentazioni di nuovi format al piano di aperture "tradizionali" su grandi superfici come il grande mall Roncadelle a Brescia e quello di Verona. Anche se per queste ultime iniziative, i ritardi della burocrazia stanno mettendo a dura prova la pazienza degli svedesi. Per lo store di Pisa ci sono voluti 9 anni, Verona è in lista di attesa dal 2011 e a Brescia i commercianti sono i rivolta per la nascita dello shopping center di Roncadelle. A complicare la situazione, l'arrivo di Belen Frau ha coinciso con un momento per l'azienda molto caldo delle relazioni industriali.