I numeri degli obiettori di coscienza Un tema sentito nella Bergamasca

Sta facendo molto discutere la recente decisione del Comitato europeo dei diritti sociali, un organismo del Consiglio d'Europa, che bacchetta l'Italia circa l'applicazione della Legge 194 sull'interruzione volontaria di gravidanza. Il Comitato, che si è espresso su un ricorso avanzato dalla Cgil, ha stabilito che l'Italia «viola il diritto alla salute delle donne» che vogliono abortire, poiché esse incontrano «notevoli difficoltà» nell'accesso ai servizi per l'interruzione volontaria di gravidanza, anche per l'alto numero di medici obiettori di coscienza. Secondo i calcoli, sarebbero 7 su 10. Una situazione che, a parere del Consiglio d'Europa, costringerebbe le donne italiane «ad andare in altre strutture, in Italia o all'estero, o a mettere fine alla loro gravidanza senza il sostegno o il controllo delle competenti autorità sanitarie». Una critica dura che nasconde, neppure tanto velatamente, un'accusa grave, ovvero quella di favorire il fenomeno degli aborti clandestini.
Nel 2014 «nessuna criticità». La decisione è in realtà di qualche settimana fa, ma è stata resa nota soltanto negli ultimi giorni, riaprendo il dibattito su un tema da sempre molto caro all'opinione pubblica. La prima a esprimersi sulle parole del Consiglio è stata il ministro alla Salute Beatrice Lorenzin, la quale ha precisato che «dalle prime cose che ho letto, mi sembra che si rifacciano a dati vecchi che risalgono al 2013. Il dato di oggi è diverso. Non c'è alcuna violazione del diritto alla salute». La Relazione sull'attuazione della legge 194 presentata a novembre 2015 al Parlamento, parla in realtà di aborti in calo, per la prima volta sotto quota 100mila (per la precisione 97.535) nel 2014, e di diminuzione del tempo di attesa tra rilascio della certificazione e intervento. Insomma, non ci sarebbe nessuna criticità.
Al Papa Giovanni obiettori in crescita. Resta però il fatto che ci sono parti d'Italia in cui il problema dell'obiezione di coscienza dei medici c'è. Il Corriere della Sera Bergamo, ad esempio, sottolinea come la Bergamasca sia una zona particolarmente interessata dal fenomeno. Il quotidiano sottolinea come nella nostra Provincia ci siano ospedali con decine di medici in organico che si vedono però costretti a prenderne da fuori per garantire l'interruzione volontaria di gravidanza ad alcune pazienti, o addirittura a fare un concorso per trovarne uno che non sia obiettore di coscienza. Miriam Campana, presidente bergamasca dell’Associazione per l’educazione demografica, punta direttamente il dito contro la struttura più importante della provincia, il Papa Giovanni di Bergamo: «Lì la situazione è sempre più difficile. Le donne che si rivolgono a noi raccontano di incontrare molte difficoltà, come se facessero una richiesta illegittima. Poi non possono prenotare per telefono e hanno liste d’attesa di due settimane, che in una gravidanza sono tantissime. Tanto che alla fine si rivolgono ad Alzano o a Piario, ma anche a Crema o a Cremona. E pensare che fino a pochi anni fa si veniva a Bergamo da fuori provincia». A parlare sono i dati: nel 2011 gli obiettori di coscienza nel reparto di Ginecologia del Papa Giovanni erano 52 su 127, oggi sono 85 su 136, ovvero 18 ginecologi (su 21), 12 anestesisti (su 20), 45 ostetriche (su 75) e 10 infermieri (su 20).
I dati relativi alla provincia. Ciò non significa che all'ospedale del capoluogo orobico non vengano effettuati aborti: nel 2014 sono stati 256. Secondo il Corriere, però, spesso sono stati medici esterni a effettuare il servizio. Onde evitare che la situazione diventasse insostenibile, il nosocomio ha aperto un bando, che si è chiuso proprio mercoledì 13 aprile, teso a trovare un nuovo medico da assumere al Papa Giovanni e che sarà destinato soltanto alle operazione di interruzione volontaria di gravidanza. La situazione non migliora se si guarda ad alcuni ospedali della provincia, in particolare in Val Brembana: quando il reparto di Ginecologia di San Giovanni Bianco era ancora attivo, erano obiettori tutti gli 11 medici. Migliore la situazione ad Alzano e Piario, dove nel 2014 ci sono state, rispettivamente, 345 e 102 interruzioni di gravidanza, nonostante il numero di obiettori sia in media con i dati nazionali. A Seriate gli aborti nel 2014 sono stati 324 e il numero di obiettori è leggermente sotto la media. Decisamente più complicata la situazione nella Bassa: a Romano non ci sono state interruzione di gravidanza, Calcinate non opera più (ma il Corriere sottolinea che due anni fa erano tutti obiettori i 4 ginecologi in servizio e che l’unico non obiettore era il primario, che si spostava su 4 ospedali praticando 40 interventi a settimana), mentre a Treviglio gli aborti sono stati solo 7.
La dura risposta del Papa. Numeri che certamente fanno riflettere, visto che, come precisa il Consiglio d'Europa, l'interruzione volontaria di gravidanza è un'opzione concessa dalla legge alle cittadine. In altre parole, il diritto di aborto esiste e va tutelato. Ciò non significa però che vada totalmente azzerato il diritto di un medico di essere obiettore di coscienza. Il Foglio, ad esempio, sottolinea come la decisione del Consiglio parli espressamente soltanto del diritto di aborto, dimenticando invece il diritto all’obiezione di coscienza. Un tema molto delicato, su cui è intervenuto, la mattina del 13 aprile, anche papa Francesco. Il pontefice, nell'omelia della messa quotidiana a Santa Marta, ha usato parole molto dure contro chi vuole impedire l’obiezione di coscienza su temi «morali» come aborto e eutanasia: «Vediamo tutti i giorni che le potenze fanno leggi che obbligano ad andare su questa strada e una nazione che non segue queste leggi moderne, colte, o almeno che non vuole averle nella sua legislazione, viene accusata, viene perseguitata educatamente. È la persecuzione che toglie all’uomo la libertà, anche dell’obiezione di coscienza!».