Testimonianza

Il dramma di un cittadino di Treviolo: «Papà è morto, ma la sanità poteva fare di più?»

Un residente racconta i concitati minuti nel tentativo di salvare il genitore e il senso di frustrazione per un sistema fragile

Il dramma di un cittadino di Treviolo: «Papà è morto, ma la sanità poteva fare di più?»
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di Monica Sorti

«Nella notte di Capodanno mio padre è andato in crisi respiratoria, respirava con molta fatica pur non avendo dato segni premonitori in tal senso sino a quel preciso istante». Comincia così il racconto di un cittadino di Treviolo che, pochi giorni fa, si è trovato in una situazione di emergenza sanitaria durante la quale ha dovuto fare i conti con impreviste e molto gravi lacune del sistema che vuole portare a conoscenza, per contribuire al miglioramento, sperando che tutto ciò non accada più a nessuno.

«Abbiamo chiamato immediatamente i soccorsi che, complice anche la notte di Capodanno, sono arrivati in tempi brevissimi». Al paziente è stato subito somministrato dell’ossigeno e la situazione è migliorata temporaneamente, ma non per molto. «Mentre lo stavano caricando in ambulanza la fame di aria è aumentata ma nemmeno una dose aggiuntiva di ossigeno è stata in grado di aiutarlo».

L’ambulanza è partita quindi a sirene spiegate e durante il tragitto le condizioni dell’uomo sono peggiorate. «Me ne sono accorto subito perché mio padre stava chiudendo gli occhi e i battiti, almeno dallo strumento in dotazione alla Croce Rossa, erano scesi a 33 bpm».

Ma dopo aver fatto immediatamente presente la cosa ai soccorritori, gli era stato risposto che era normale, in quanto aveva le mani fredde e lo strumento poteva sfalsare la misura. «Mi dissero che non dovevo preoccuparmi. Nonostante tutto l’ambulanza a circa metà percorso, ricordo che alla centrale operativa ripeterono più volte di essere alla Marigolda, si fermò per circa 20-30 secondi perché non sapevano dove andare, se al pronto soccorso inizialmente indicato o se verso il Papa Giovanni».

Ricevuta la conferma di recarsi a Ponte San Pietro, l’ambulanza aveva ripreso il suo cammino, arrivando al Pronto Soccorso inizialmente scelto.

«Nel frattempo mia madre e mio fratello, che erano partiti dopo di noi, erano arrivati prima dell’ambulanza e senza sirene in Pronto Soccorso. All’arrivo mio padre era subito entrato in shock room e da lì il referto descrive che avevano tentato la rianimazione per circa 45 minuti (...)

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