Il fallimento del Gruppo Begnini Un impero costruito sul sudore
Un viaggio lungo conclusosi nel peggiore dei modi, con il fallimento e i beni messi all'asta. Stiamo parlando della fine di uno degli "imperi" imprenditoriali bergamaschi, il Gruppo Begnini, che era arrivato ad avere 250 dipendenti in una galassia di ben 18 aziende. La holding a cui ha dato vita Giambattista Begnini è stata dichiarata fallita dal Tribunale, nonostante fosse stato raggiunto un accordo di concordato preventivo con i creditori. A pesare, per i giudici, la differenza di valutazione degli immobili di proprietà del Gruppo tra quanto riportato a bilancio e quanto invece stimato dai periti: 115 milioni contro 55. Una differenza abnorme che, secondo il Tribunale, non offriva alternative al fallimento.
Maresana Resort, Ponteranica.
Il Palace Hotel a Zingonia.
Villa Manzoni, piazza Garibaldi, Cologno al Serio.
L'ex Zerowatt ad Alzano Lombardo.
I beni del Gruppo all'asta. Conseguenza di questa situazione è, dunque, la messa all'asta dei numerosi beni della holding. Si parte il 7 settembre, quando si cercheranno nuovi proprietari per il bellissimo Maresana Resort e Villa Manzoni. Si tratta di due complessi alberghieri/ristorativi oramai chiusi da anni, ma di indiscutibile bellezza. Il primo sorge sul colle che sormonta Ponteranica: è un complesso su cinque livelli, di cui 3.210 metri quadrati coperti, 213 di porticato e ulteriori 5.720 mq di parco e posteggi. Il prezzo è fissato a 3,5 milioni, mentre prima del fallimento era stato messo in vendita a 5,8. Il Maresana Resort, però, andrà all'asta suddiviso in quattro vendite diverse: albergo; terreno; stalle, scuderie, rimesse e autorimesse; altri edifici. Il secondo complesso, ovvero Villa Manzoni, sorge invece in piazza Garibaldi a Cologno al Serio, Comune natale di Giambattista Begnini. Qui i livelli sono tre per un totale di 1.026 metri quadrati coperti e 990 di area esterna. Il prezzo è fissato a 1 milione e 800mila euro, ma anche in questo caso la vendita sarà suddivisa in più parti (tre per la precisione: albergo, terreno e abitazione civile). Un terzo bene andrà, nelle settimane successive, all'asta: la ex Zerowatt di Alzano Lombardo. I circa 26mila mq di ex fabbrica sono chiusi dal 2000. Da allora, 10mila sono diventati zona artigianale, mentre i restanti dovrebbero diventare zone residenziali e commerciali, ma sono ancora in attesa di destinazione. Il Comune avrebbe voluto abbattere tutto e farci un parco, ma non se ne fece nulla. Il complesso è rimasto abbandonato ed è diventato una zona degradata. La perizia è di 1 milione e 650mila euro, ma la base d’asta è fissata a 1 milione e 237mila e 500 euro. C'è però un problema: la copertura dell'ex fabbrica è composta da lastre di cemento-amianto e l'acquirente dovrà sobbarcarsi i costi di bonifica. Altri beni di proprietà del Gruppo, invece, non andranno all'asta perché in leasing, come il Palace Hotel di Zingonia e il Park Hotel & Motel di Cassano (entrambi erano stati messi in vendita per 11 milioni di euro), o perché di proprietà di società esterne al Gruppo, come il complesso di Boccaleone, costruito con un esborso di 2 milioni con l'intento di realizzarci una scuola calcio dell’Atalanta, progetto poi finito nel nulla a causa della malattia dell’allora presidente nerazzurro Ivan Ruggeri.
Da muratore a grande imprenditore. Ma a far più male, oltre alla triste fine di questi immobili, diventati oggi monumenti alla memoria di un impero che fu, è soprattutto il finale che il destino ha scelto per una storia imprenditoriale che aveva i contorni della favola. Oggi Giambattista Begnini ha 67 anni, ma il suo cammino è iniziato oltre 40 anni fa, nella sua Cologno, dove faceva il muratore. Dalla cazzuola e il sudore partì la parabola che lo ha reso uno degli impresari più noti della Bergamasca, tanto da essere nominato anche Cavaliere al merito della Repubblica italiana. La sua prima impresa nasce a metà Anni '70, poi nel 1980 fonda, insieme al fratello Leone Giovanni, la Costruzioni Begnini, che oltre ad abitazioni restaura cascine e antichi immobili, trasformandoli in bellissimi ristoranti che poi dà in gestione a terzi o di cui si occupa direttamente. Negli anni fonda e rivende molte altre imprese edili, ma si getta in innumerevoli settori commerciali: l'agronomia, i serramenti, ma soprattutto nell'alberghiero, dove realizza importanti strutture in diverse zone d'Italia. Appassionato di sport, è prima vicepresidente dell'Atalanta di Ruggeri, poi presidente del Celana Basket. Nel 2004 ci riprova con il calcio, acquisendo il Monza. Sogna di portare la squadra brianzola in Serie B, investe molto, ma lo stadio rimane vuoto. E così, nel 2009, getta la spugna, pagando tutti i debiti e vendendo la società. A Monza è ricordato con piacere, ultimo presidente ad averci messo faccia e cuore da quelle parti. Nello stesso periodo finisce a processo con l’accusa di avere pagato una tangente da 50mila euro all’allora sindaco di Cassano d'Adda per la costruzione del Park Hotel (in primo grado è stato condannato a 2 anni e 2 mesi).
Intanto, però, era arrivata la grande crisi. A pagarne le conseguenze sono soprattutto le aziende del Gruppo impegnate nel campo delle costruzioni, quelle da sempre più floride nell'impero Begnini. I conti iniziano a tornare più, i debitori aumentano. Begnini li paga, ma per farlo fa affidamento sulle banche, che poi gli presentano il conto, salatissimo. Purtroppo nel 2011 capisce che andare avanti è impossibile: prima tenta la via del risanamento del debito (bocciata), poi quella del concordato preventivo. Alla fine, purtroppo, è arrivato il fallimento. «Lotto, come ho sempre fatto» racconta oggi Begnini. «Tutto quello che ho fatto, l'ho fatto per lavorare e far lavorare, non per soldi. Poi è chiaro che uno deve anche guadagnarci. Ma non ho mai rubato niente a nessuno, ho ripagato tutto a tutti. Adesso spero di salvare almeno la casa dalle banche».